Convocazione Consiglio Comunale Martedì 03/05/2011 ore 20.30

Ecco la palestra doubleface ( o doppia o doppiata o dopata o sprecata) comincia a prendere forma, i 905.000 Euro previsti nel 2010 cominciano ad essere buttati al vento.

C’è la crisi.
Persino l’assessore Busetto da un po’ di giorni parla sui giornali di crisi.

Oggi chiede alle banche di rallentare la loro richiesta di rientro agli imprenditori impegnati a salvare le loro aziende e l’occupazione.

Martedì sera però l’assessore Busetto voterà, salvo che non sia assente, per il raddoppio della palestra di Calderano, previsti, lo ripetiamo per chi non lo avesse ancora capito, 905.000 Euro (diconsi novecentocinquemila euro) e come lui voteranno a favore tutti quelli della maggioranza.

D’altra parte abbiamo una maggioranza formata da veri “signori”, proprio come quelli di una volta, quelli che costruivano piazze e palazzi per le loro feste e il popolo moriva di fame.

Caro assessore non basta parlare sui giornali, occorre, invece di buttare i soldi al vento anzi in palestre e piazze, avviare qualche politica di sostegno alle famiglie in difficoltà.

Per il resto cosa si può dire?

…. che il Comune di Gaiarine è alla paralisi, l’unica opera pubblica prevista per il 2010 (appunto il raddoppio della palestra) prende il via a maggio 2011.

Dell’approvazione del bilancio di previsione non si parla.
Probabilmente sarà, entro i termini di legge, portato in consiglio a fine giugno, ma nel frattempo il comune si trova in esercizio provvisorio che genera un parziale blocco dell’attività comunale, visto che sino a che non è approvato il bilancio non è possibile indire gare e possono essere effettuate solo spese definibili di ordinaria amministrazione.
Gli uffici comunali, sino all’approvazione definitiva del bilancio, possono spendere mensilmente un dodicesimo della cifra stanziata l’anno precedente per i vari capitoli di spesa. In sostanza, soltanto tutto quello che deve far andare avanti la macchina comunale e, naturalmente, quanto necessario per onorare i contratti già sottoscritti.

E questo per sei mesi.

Proprio “grandi” i nostri amministratori !!!!!!!!

dal sito

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«E, cominciando dai Referendum, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a questi» Lc 24,27

Giovanni 4, 5-15
Giunse così a una città della Padania chiamata Legarolo Veneto, vicina al terreno che Comunione e Liberazione aveva predestinato a Expo 2015. Gesù dunque, affaticato per il viaggio, sedeva presso il pozzo, chiuso da lucchetti e recintato di filo spinato e divieti. Era circa mezzogiorno. Passò una donna tornata dall’ipermercato dove aveva fatto scorta d’acqua minerale.
Le dice Gesù: «Vendimi da bere, poiché l’acqua della vita era bene comune e gratuita e ora è divenuta merce e venduta a peso d’oro». I suoi discepoli erano andati proprio in quell’ipermercato a far provvista di cibo e bevande.
Allora la donna gli dice: «Come mai tu, extracomunitario assetato, chiedi che io ti venda da bere, che sono una donna padana?». Gli extracomunitari, anche se assetati, non hanno rapporti con le padane.
Gesù le risponde: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: “Vendimi da bere!”, dei quali professi a gran voce radici e simboli e tradizioni, tu piuttosto avresti chiesto a Lui ed Egli ti avrebbe dato acqua pubblica e viva!».

Gli dice la donna padana: «Signore, non hai quattrino, ti manca il secchio e il pozzo è chiuso e sigillato e circondato da filo spinato; da dove prendi dunque quest’acqua pubblica e viva? Sei tu forse più grande del nostro padre Po, che diede acqua per bere e per irrigare, ai suoi figli e alle sue bestie e ai suoi campi?».
Gesù le risponde: «Chiunque beve di quest’acqua comprata avrà ancora sete poiché mai gli basterà il quattrino; ma chi berrà dell’acqua pubblica, con poco placherà la sete. Anzi, l’acqua pubblica sarà sorgente di vita fresca e buona che zampilla misericordiosa e pura.»
«Signore – gli dice la donna -, dammi quest’acqua, perché io plachi la sete mia e dei miei figli, e coi soldi risparmiati possa comprar loro libri e quaderni per la scuola, che anche lì ce ne sarebbe da dire e da fare…»
.
Concluse Gesù: «In verità, in verità ti dico: vai al seggio del Referendum e vota Sì e riconsegna l’acqua a tutti e allo Spirito, e la sete ti sarà placata.»

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«E, cominciando dai Referendum, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a questi» Lc 24,27

Atti degli apostoli, 13
C’erano nel Comitato antinucleare scienziati e pensatori: li guidava lo spirito della verità e la speranza di futuro. Essi dunque, cominciarono ad annunciare la pericolosità del ritorno al nucleare nelle televisioni, ai giornali, nelle piazze. Attraversarono tutta la penisola, discutendo ogni giorno con lacchè e corrotti scienziati, al soldo del Presidente Arcoriano e dei suoi sodàli, ministri e parlamentari, che volevano impedire al popolo di ascoltare la verità sull’atomo.

Scajolani, Veroniasi, Prestigiacomiti, Chicchitesticoliti, facevano loro opposizione, cercando di distogliere il popolo dalla Verità, e favorire i folli progetti dell’Arcoriano.
Allora il Comitato, detto anche rinnovabile e sostenibile, colmato di Vero Spirito Scientifico,
affrontò l’Arcoriano e disse: «Uomo pieno di ogni frode e di ogni malizia, figlio del diavolo, nemico di ogni giudice e ogni giustizia, quando cesserai di sconvolgere le vie civili dello Stato? Ed ecco, dunque, la mano della Giustizia è sopra di te: sarai finalmente processato, risponderai delle tue colpe e della tua bramosia, e subirai le conseguenze delle radiazioni».
Di colpo piombarono su di lui plutonio e cesio, rendendolo cieco e contaminato, e brancolando cercava servi e picciotti che lo guidassero per mano.
E finalmente quando vide l’accaduto, colpito dall’insegnamento, il popolo credette e rivolgendosi loro chiese:
«Fratelli del Comitato, poiché abbiamo visto la contaminazione abbiamo creduto, se avete qualche parola di esortazione per noi, parlate!».
E il Comitato, fatto cenno con la mano, disse:
«Beati coloro che pur non avendo visto la contaminazione, hanno creduto. Ma ora andate e raccontate ciò che avete visto e diffondete la buona novella: al Referendum sul ritorno al nucleare votate Sì e riportate la saggezza dove c’è ora falsità e follia nucleare.»

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Toh.. un Assessore di Gaiarine parla..

Dalla Tribuna
Legno, dieci aziende rischiano di saltare

L’assessore e imprenditore Busetto: «Non vogliamo l’Ikea, sarebbe il colpo di grazia»

di Diego Bortolotto

G
AIARINE. Una decina di aziende nel settore del legno rischia di saltare a Gaiarine. L’allarme è lanciato dall’assessore alle attività produttive Angelo Busetto, egli stesso imprenditore: «Qui rischia di sparire tutto – afferma -. Alle aziende manca liquidità perché i costi di produzione sono troppo elevati e così non si può essere competitivi».
A Gaiarine si sta assistendo ad un vero e proprio domino nell’ambito dell’industria del legno e dell’arredo, che ha già lasciato a casa decine di lavoratori. Tra febbraio e marzo sono fallite la Mida 2 e la Mobiltrevi, sessanta i dipendenti rimasti senza occupazione. Sempre a febbraio c’è stata la cassa integrazione straordinaria per un centinaio di lavoratori della Mobilclan. Nella cittadina sulle sponde del Livenza vi sono però anche piccole e medie aziende che lavorano con i colossi del distretto del mobile tra trevigiano e pordenonese. Corrono il rischio di saltare proprio perché le ditte più grandi sono in difficoltà.
E’ il caso ad esempio del Gruppo Florida di Prata di Pordenone, oltre 400 occupati in quattro stabilimenti. Ieri i lavoratori della Florida hanno manifestato per chiedere tutele. Ma anche gli imprenditori dell’indotto, tra loro diversi gaiarinesi, si sono ritrovati martedì a Pordenone con Unindustria ed ora chiedono aiuto alla politica nazionale. «C’è l’orgoglio da parte di noi imprenditori – spiega l’assessore Busetto -, ma i costi e le incombenze negli ultimi anni sono aumentati. Manca liquidità, se non si aprono nuovi mercati nel futuro c’è una grande incertezza. Per questo faremo appello anche ai parlamentari locali». Nei prossimi giorni è previsto un vertice con Confartigianato. L’assessore alle attività di Gaiarine inoltre boccia la possibilità che l’Ikea arrivi nel Coneglianese. Entrerebbe così in concorrenza con il distretto del mobile trevigiano e pordenonese dando forse il «colpo di grazia» al settore. «Nessuno vuole l’Ikea qui – aggiunge Busetto – per i produttori locali sarebbe solo un danno».
21 aprile 2011

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Roma, 4 marzo 2011 (Adnkronos)
“Ieri il ministero degli Interni ha contestato le cifre fornite dall’Idv e dal Pd su quanto costera’ la decisione di separare la data dei referendum da quella del secondo turno delle amministrative. Secondo Roberto Maroni verrebbero buttati nella spazzatura soltanto 50 milioni di euro e non 300”.
soltanto 50
milioni di euro e non 300?
soltanto 50
milioni di euro e non 300?
soltanto 50
milioni di euro e non 300?

Assessore, a questi parlamentari farai appello???

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Impietosa analisi del segretario Alfio Calvagna. Il grido d’allarme: lavoro al palo nel primo trimestre 2011, ripresa solo per l’economia La Cisl: gli imprenditori non investono più. «Zero fiducia in un paese senza regole e senza sistema». Boom di licenziati e cassa straordinaria. Da gennaio a marzo sono stati espulsi ben 2.201 operai Lavoro al palo. Se l’economia offre segnali di ripresa altrettanto non si può dire per l’occupazione. «Oltre 2mila licenziati nei primi tre mesi del 2011 – denuncia la Cisl – e intanto gli imprenditori non investono, perché non hanno più fiducia nel sistema paese». Parla Alfio Calvagna, membro della segreteria, che usa parole molto dure: «Mancano regole certe e prospettive, se ne sono resi conto anche gli imprenditori». La mobilità ha rialzato la testa in questo inizio d’anno, soprattutto per i lavoratori delle piccole imprese, dove si sono registrati 1.425 licenziamenti. Altri 776 i fuoriusciti dalle grandi aziende, con una percentuale dei licenziati stranieri vicina al 30% se si guarda alle sole imprese artigiane. Non si arresta poi il boom della cassa integrazione straordinaria: nel primo trimestre 2011 ha sfiorato le 3 milioni di ore autorizzate, cioè il 40% in più rispetto al 2010, secondo i dati dell’osservatorio della Cisl trevigiana, a cui risulta un calo della ordinaria per esaurimento del limiti massimo di impiego pari a 52 settimane concesso alle imprese in difficoltà. Stabile la formula dell’ammortizzatore in deroga. «Il dato che preoccupa – commenta Calvagna – è soprattutto l’aumento dell’utilizzo della cassa integrazione straordinaria, le aziende hanno grosse difficoltà a riprendere il cammino». Sono 50 le imprese trevigiane che nei primi due mesi del 2011 hanno richiesto lo stato di crisi e l’utilizzo della cassa integrazione straordinaria, per 1148 lavoratori coinvolti.” «Queste difficoltà – prosegue Calvagna – potrebbero tradursi in un incremento ulteriore delle liste di mobilità, con prevedibile aumento del tasso di disoccupazione che toccherà il 6,2% nel 2011». Non basta la ripresa nei numeri dell’industria, dove c’è stato un recupero della produzione del 9,2%, del fatturato del +10,9%, con un traino forte dell’export (+18,8%) e del Pil, aumentato del 1,6%. «Il vero problema che emerge, parlando anche con gli imprenditori, non è la riconversione ma la volontà di intraprendere gli investimenti necessari data l’insicurezza sul piano delle riforme, degli incentivi, come dimostra il caso delle energie rinnovabili, e l’instabilità politica generale. Il sistema produttivo non vede un ritorno dei propri investimenti per la mancanza di visione prospettica e di un terreno». (e.l.t.)

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OSSERVATORIO SUL NORD EST
LA CARRIERA DELLE DONNE NEL NORD EST

Svolto su incarico de Il Gazzettino, che ne ospita anche la pubblicazione settimanale, rileva gli atteggiamenti politici e culturali di Veneto, Friuli-Venezia Giulia e della provincia di Trento.

AAA CERCASI DONNA, BELLA, CAPACE (MEGLIO SENZA FIGLI)

[di Natascia Porcellato]

Essere donne? Uno svantaggio nel lavoro, e per fare carriera le esponenti del gentil sesso sono chiamate ad essere, oltre che capaci, belle e possibilmente senza figli. I dati presentati oggi all’interno dell’Osservatorio sul Nord Est, curato da Demos per Il Gazzettino, appaiono particolarmente interessanti: quasi sei rispondenti su dieci ritengono che essere donna sia un problema in campo lavorativo. Inoltre, se per il 90% dei nordestini sono le capacità personali a contare, “essere belle” è giudicato molto o abbastanza importante da circa tre rispondenti su quattro, mentre per il 58% è rilevante non avere figli. Del resto, in sede di colloqui di lavoro, quasi una donna su tre si è sentita chiedere se avesse la maternità nei suoi progetti futuri; lo stesso “privilegio” è stato riservato solo all’11% degli uomini.

Le statistiche non appaiono consolanti: nel Nord Est il tasso di occupazione femminile è pari al 55% (FNE su Istat 2008), superiore alla media italiana (47%), ma lontano dal 65% della Germania e più basso anche della media dei 27 stati dell’UE (59% -Eurostat 2008).
Gli stipendi delle donne sono mediamente più bassi rispetto ai colleghi maschi di pari grado: per i “quadri”, per esempio, la differenza è di circa 3.800 euro all’anno (10° Rapporto sulle Retribuzioni in Italia). Non va poi sottovalutato il “doppio ruolo” delle donne che, per le italiane, spesso si traduce in un doppio lavoro data la scarsa propensione degli uomini a collaborare nei lavori domestici e nella cura dei figli.

Una situazione, insomma, poco incoraggiante, che trova conferme nell’indagine di Demos presentata oggi.
Il 60% dei rispondenti considera il semplice essere donna un problema nel mondo del lavoro.
Osservando i dati in base all’età e al genere degli intervistati, si nota come oltre sette donne su dieci tra i 25 e i 54 anni riconoscano nell’essere tali un problema (con la punta dell’80% nella fascia 35-44 anni).

Pare quasi che le donne stesse si siano adattate alla situazione, giudicandosi per prime con gli occhi del datore di lavoro. Tanto da ritrovare pregiudizi che speravamo superati anche nei tratti che contribuiscono alla carriera. Le capacità personali sono riconosciute come il principale fattore di avanzamento professionale: il 90% lo ritiene un aspetto molto o abbastanza importante. Ma a questo si affianca l’ampio consenso riservato alla bellezza estetica: il 78% lo ritiene un rilevante fattore di promozione, e sono soprattutto le donne tra i 25 e i 34 anni a giudicarlo tale (87%).

E i figli? Con un tasso di natalità pari a 1.37, l’Italia si pone in coda alle classifiche mondiali. Ma il bivio figli o carriera sembra essere un tratto tipicamente italiano. La Francia, per esempio, ha un tasso di occupazione femminile pari al 60%, ma il tasso di natalità è pari a 2 (Eurostat 2007 e 2008). Assenza di strutture pubbliche e scarsa tutela della maternità sembrano avere la meglio in Italia, al punto che la questione viene affrontata in modo diretto.
La domanda “Lei ha figli o intende averne?” è stata posta, in sede di colloqui di lavoro, a una nordestina su tre, ma arriviamo alla metà di quante sono nella “fascia più a rischio” (tra i 25 e i 34 anni).
Non stupisce, quindi, che la condizione di non-madre venga vista come volano di ascesa professionale da oltre il 65% delle donne con meno di 44 anni, con una punta massima tra quante hanno tra i 25 e i 34 anni (79%).

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L’eredit

Di seguito un articolo sull’eredità di Chernobyl in Norvegia.
Il testo è tratto dal giornale nazionale VG Nett del 18 aprile 2011, la traduzione in Italiano è stata effettuata in automatico da Google Chrome ma poichè un traduttore automatico fa quel che può mi son permesso di reinterpretarne in modo più umano frasi e significati.

Vivere con l’eredità di Chernobyl per decenni

L’eredità di Chernobyl è ancora presente nella natura norvegese, e lo sarà ancora per i decenni a venire.
Grandi quantità di cesio radioattivo piovevano su Valdres, Jotunheimen, Nord-Trondelag e Nordland dopo l’incidente alla centrale nucleare di Chernobyl 25 anni fa.

Le particelle radioattive sono ancora lì, assorbite da piante, erbe e funghi, pasto principale di pecore, cervi e altri animali da pascolo.

Anche se il calo della radioattività nelle zone più colpite si è stabilizzato, Astrid Liland, capo sezione della Norwegian Radiation Protection Authority, ha detto che “Probabilmente dovremo continuare anche nei prossimi 20, 30 anni con le misure precauzionali fin qui adottate per ovini e renne”.

A tutt’oggi è infatti necessario controllare regolarmente gli allevamenti di renne Sami in Snasa per garantire che non siano contaminate in maniera pericolosa per l’uomo.
Controlli che hanno rilevato negli allevamenti del Nord-Trondelag una radioattività tale da sconsigliarne l’utilizzo alimentare.
Quel venerdì 26 aprile 1986 una insensata sperimentazione condotta presso gli impianti di Chernobyl, porta il reattore numero 4 fuori controllo fino ad esplodere.

Enormi quantità di particelle radioattive vengono scagliate in atmosfera dove si disperdono seguendo le correnti d’aria settentrionali. Intanto la grafite contenuta nel reattore s’incendia.

Le autorità sovietiche taceranno per giorni notizie sull’incidente.

Due giorni dopo, 600 dipendenti della centrale nucleare di Forsmark a nord di Stoccolma vengono evacuati, dopo che è stata rilevata una radioattività insolitamente alta, cosa che fa pensare a una perdita nell’impianto.

I venti di pioggia dall’est arrivano fin nei pressi di Oslo, e portano con loro livelli di radioattività elevati.
Il lunedì sera, quasi dopo tre giorni dopo l’incidente, l’agenzia di stampa sovietica Tass in una breve dichiarazione parla di un incidente presso la centrale di Chernobyl.
L’incendio nel reattore 4 ha imperversato per dieci giorni prima di essere spento.

Il reattore ha vomitato livelli di radioattività 200 volte superiori a quelli delle bombe sganciate su Hiroshima e Nagasaki.

Le autorità norvegesi si sono trovate del tutto impreparate ad affrontare una situazione così grave e così nuova.
Conseguenza di questo una quantità di informazioni e decisioni contraddittorie e fuorvianti, e una crisi di sfiducia e diffidenza tra autorità e popolazione.
“Non c’è motivo di preoccuparsi” dissero al Ministero degli Affari Sociali mentre ancora il fuoco infuriava a Chernobyl. Ma la gente era terrorizzata, e impediva ai bambini di uscire all’aperto quando pioveva.
Chernobyl ha anche messo alla luce una mancanza di preparazione e coordinamento tra le varie agenzie del governo norvegese.
La drammatica esperienza di Chernobyl ha portato poi alla costituzione di un nuovo modello di emergenza, con una rete capillare di rilevamento dei livelli di contaminazione radioattiva. È previsto anche un comitato speciale di crisi dotato di ampi poteri, che si attiva immediatamente nel caso di pericoli improvvisi e acuti.
In Norvegia la paura dopo Chernobyl è scemata negli anni.
È oggi impossibile misurare l’effetto della contaminazione radioattiva derivata da quel disastro sulle statistiche relative alle patologie tumorali degli anni immediatamente successivi.
Ancora oggi, così come per ancora molti anni a venire, gli escursionisti nello Jotunheimen raccoglieranno cesio radioattivo nei loro scarponi da montagna; ma non si sono verificati danni irreparabili nel patrimonio naturale norvegese.
Fanno eccezione alcuni settori periferici dell’economia, nei quali l’allevamento di renne e ovini sono stati i più colpiti, con la necessaria distruzione di grandi quantità di carne ricavata da animali contaminati.

E ancora oggi, dopo 25 anni, sono necessarie misure particolari: in alcune zone renne e ovini da allevamento vengono prelevati dai loro pascoli abituali e alimentati con mangimi non radioattivi poche settimane prima della macellazione. Nel 2010 oltre 20.000 pecore sono state sottoposte a questa misura cautelativa al fine di ridurre i livelli di radioattività prima della macellazione.
E il numero di animali soggetti al trattamento è più grande dove è maggiore la presenza di funghi nell’alimentazione, poichè il fungo ha la proprietà di assorbire grandi quantità di cesio radioattivo dal suolo.

Tutto questo ha un costo.
“A distanza di 25 anni ci avviciniamo probabilmente a 700 milioni” ha detto ancora Astrid Liland; e il dispositivo di legge che prevede le misure cautelative è tuttora in esecuzione con una media di 1,8 milioni all’anno.


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L’eredit

Di seguito un articolo sull’eredità di Chernobyl in Norvegia.
Il testo è tratto dal giornale nazionale VG Nett del 18 aprile 2011, la traduzione in Italiano è stata effettuata in automatico da Google Chrome ma poichè un traduttore automatico fa quel che può mi son permesso di reinterpretarne in modo più umano frasi e significati.

Vivere con l’eredità di Chernobyl per decenni

L’eredità di Chernobyl è ancora presente nella natura norvegese, e lo sarà ancora per i decenni a venire.
Grandi quantità di cesio radioattivo piovevano su Valdres, Jotunheimen, Nord-Trondelag e Nordland dopo l’incidente alla centrale nucleare di Chernobyl 25 anni fa.

Le particelle radioattive sono ancora lì, assorbite da piante, erbe e funghi, pasto principale di pecore, cervi e altri animali da pascolo.

Anche se il calo della radioattività nelle zone più colpite si è stabilizzato, Astrid Liland, capo sezione della Norwegian Radiation Protection Authority, ha detto che “Probabilmente dovremo continuare anche nei prossimi 20, 30 anni con le misure precauzionali fin qui adottate per ovini e renne”.

A tutt’oggi è infatti necessario controllare regolarmente gli allevamenti di renne Sami in Snasa per garantire che non siano contaminate in maniera pericolosa per l’uomo.
Controlli che hanno rilevato negli allevamenti del Nord-Trondelag una radioattività tale da sconsigliarne l’utilizzo alimentare.
Quel venerdì 26 aprile 1986 una insensata sperimentazione condotta presso gli impianti di Chernobyl, porta il reattore numero 4 fuori controllo fino ad esplodere.

Enormi quantità di particelle radioattive vengono scagliate in atmosfera dove si disperdono seguendo le correnti d’aria settentrionali. Intanto la grafite contenuta nel reattore s’incendia.

Le autorità sovietiche taceranno per giorni notizie sull’incidente.

Due giorni dopo, 600 dipendenti della centrale nucleare di Forsmark a nord di Stoccolma vengono evacuati, dopo che è stata rilevata una radioattività insolitamente alta, cosa che fa pensare a una perdita nell’impianto.

I venti di pioggia dall’est arrivano fin nei pressi di Oslo, e portano con loro livelli di radioattività elevati.
Il lunedì sera, quasi dopo tre giorni dopo l’incidente, l’agenzia di stampa sovietica Tass in una breve dichiarazione parla di un incidente presso la centrale di Chernobyl.
L’incendio nel reattore 4 ha imperversato per dieci giorni prima di essere spento.

Il reattore ha vomitato livelli di radioattività 200 volte superiori a quelli delle bombe sganciate su Hiroshima e Nagasaki.

Le autorità norvegesi si sono trovate del tutto impreparate ad affrontare una situazione così grave e così nuova.
Conseguenza di questo una quantità di informazioni e decisioni contraddittorie e fuorvianti, e una crisi di sfiducia e diffidenza tra autorità e popolazione.
“Non c’è motivo di preoccuparsi” dissero al Ministero degli Affari Sociali mentre ancora il fuoco infuriava a Chernobyl. Ma la gente era terrorizzata, e impediva ai bambini di uscire all’aperto quando pioveva.
Chernobyl ha anche messo alla luce una mancanza di preparazione e coordinamento tra le varie agenzie del governo norvegese.
La drammatica esperienza di Chernobyl ha portato poi alla costituzione di un nuovo modello di emergenza, con una rete capillare di rilevamento dei livelli di contaminazione radioattiva. È previsto anche un comitato speciale di crisi dotato di ampi poteri, che si attiva immediatamente nel caso di pericoli improvvisi e acuti.
In Norvegia la paura dopo Chernobyl è scemata negli anni.
È oggi impossibile misurare l’effetto della contaminazione radioattiva derivata da quel disastro sulle statistiche relative alle patologie tumorali degli anni immediatamente successivi.
Ancora oggi, così come per ancora molti anni a venire, gli escursionisti nello Jotunheimen raccoglieranno cesio radioattivo nei loro scarponi da montagna; ma non si sono verificati danni irreparabili nel patrimonio naturale norvegese.
Fanno eccezione alcuni settori periferici dell’economia, nei quali l’allevamento di renne e ovini sono stati i più colpiti, con la necessaria distruzione di grandi quantità di carne ricavata da animali contaminati.

E ancora oggi, dopo 25 anni, sono necessarie misure particolari: in alcune zone renne e ovini da allevamento vengono prelevati dai loro pascoli abituali e alimentati con mangimi non radioattivi poche settimane prima della macellazione. Nel 2010 oltre 20.000 pecore sono state sottoposte a questa misura cautelativa al fine di ridurre i livelli di radioattività prima della macellazione.
E il numero di animali soggetti al trattamento è più grande dove è maggiore la presenza di funghi nell’alimentazione, poichè il fungo ha la proprietà di assorbire grandi quantità di cesio radioattivo dal suolo.

Tutto questo ha un costo.
“A distanza di 25 anni ci avviciniamo probabilmente a 700 milioni” ha detto ancora Astrid Liland; e il dispositivo di legge che prevede le misure cautelative è tuttora in esecuzione con una media di 1,8 milioni all’anno.


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Gli ultimi giorni di Paolo Borsellino – 1 aprile 2011

Venerdì 1° aprile 2011 si terrà la presentazione del libro
”Gli ultimi giorni di Paolo Borsellino” – (Ed. Aliberti) presso l’Auditorium della Regione in via Roma, 2 Pordenone alle ore 20.30.
Interverranno gli autori Giorgio BONGIOVANNI e Lorenzo BALDO insieme a Salvatore BORSELLINO, fratello del giudice ucciso da Cosa Nostra.
Info: tel. 0434 748798 – cell. 392-9801905
web.
www.ilsicomoro.info
e-mail associazione@ilsicomoro.info

Un lungo viaggio negli ultimi 57 giorni di vita di Paolo Borsellino. La sua corsa contro il tempo per individuare gli assassini di Giovanni Falcone. La consapevolezza del giudice della “trattativa” in corso tra mafia e Stato e la sua lotta incondizionata per opporvisi. Il dolore e la solitudine di un uomo fino all’estremo sacrificio. Dietro di lui l’accelerazione della strage di via D’Amelio per eliminare “l’ostacolo” a quel patto scellerato… 

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«Sono ottimista poiché vedo che verso la mafia i giovani, siciliani e no, hanno oggi una attenzione ben diversa da quella colpevole indifferenza che io mantenni sino ai quarant’anni. Quando questi giovani saranno adulti avranno più forza di reagire di quanto io e la mia generazione ne abbiamo avuta.»
Paolo Borsellino,19 Luglio 1992
.. e si potrebbe cominciare dal fondo. È infatti con questa frase del fratello Paolo che Salvatore Borsellino ha chiuso il suo incontro lo scorso venerdì 1 aprile, nella sala della regione di Pordenone.
Questa frase è contenuta nell’ultima lettera scritta da Paolo Borsellino, poche ore prima che morisse nell’attentato di Via d’Amelio, ed era destinata ad una preside ed ai ragazzi di un liceo di Padova in cui lui non era potuto andare qualche mese prima a causa degli eccessivi impegni.
Queste parole esprimono l’ultima speranza di un uomo che, come ci ha raccontato Salvatore, sapeva di essere “un morto che cammina” da quando, quasi due mesi prima, nella strage di Capaci aveva perso la vita il collega e amico fraterno Giovanni Falcone… Ma nonostante la consapevolezza della sua morte imminente, il giudice Borsellino riusciva a dirsi ottimista nei confronti della generazione di giovani che stava sbocciando… Davanti a queste parole, mi viene solo da dire: “speriamo di non averlo deluso”…
Ma torniamo al racconto della serata, caratterizzata dall’accento siculo e dai toni forti, senza mezze misure, usati da Salvatore Borsellino per far capire a noi, pubblico di una delle tante serate da lui e con lui organizzate per tutta Italia (per informazioni http://www.19luglio1992.com/ ), chi fosse Paolo Borsellino, e perché fu ucciso.
Arrivando alla serata, pensavo di essere di piuttosto preparato sull’argomento: mi sono documentato vedendo diversi documentari e leggendo molto di quello che mi capitava sottomano… Eppure le parole di Salvatore mi hanno colpito profondamente: faceva tenerezza il suo modo di raccontare, così intimo, riferendosi a uno dei miei eroi di sempre con un affettuoso “Paolo”, da buon fratello… Era quasi come sentire parlare Paolo Borsellino in prima persona… Ma forse, ancor più della sua somiglianza al fratello, le frasi di Salvatore lasciavano il segno, affilate come rasoi: «La strage di via d’Amelio è stata una strage di stato che ha originato i presupposti per la II repubblica, le cui fondamenta sono fatte di calce e sangue» queste sono state le sue prime parole… Mi chiedevo cosa si celasse dietro questa frase, quando Salvatore è partito rapidissimo a spiegarci di come Falcone e suo fratello, negli ultimi mesi della loro vita, si stessero dedicando non più (o non solo) alla mafia di Palermo fatta di sparatorie e omicidi, ma ai rapporti che quest’ultima aveva stretto con i centri del potere pubblico, a Roma: potremmo dire la mafia dei colletti bianchi, o dello Stato.
Paolo, dopo la morte di Falcone, passò gran parte del tempo ad ascoltare le testimonianze dei collaboratori di giustizia (non “pentiti”, ci tiene a precisare Salvatore), che per la prima volta non si limitavano a parlare di Cosa Nostra, ma fornivano al giudice anche sconcertanti rivelazioni sui legami tra la mafia e Roma…
«Sua moglie Agnese mi disse che in quel periodo, in quei 58 giorni trascorsi tra le stragi di Capaci e di via d’Amelio Paolo tornava a casa così sconvolto dagli incontri con gli interrogati che spesso mangiava e poi vomitava… E continuava a ripetere che doveva fare in fretta, che non aveva più tempo…»
Che cosa poteva sconvolgere a tal punto un giudice che da più di dieci anni ormai si batteva quotidianamente contro gli orrori di Cosa Nostra?
Naturalmente, le accuse di collusione mosse dai collaboratori di giustizia nei confronti di diverse personalità di spicco degli organismi statali (parlamento, magistratura, servizi segreti). Diversi sono i misteri ad oggi irrisolti a proposito della morte di Borsellino. In primis l’agenda rossa in cui il giudice scriveva tutto ciò che faceva, dalle testimonianze che ascoltava ai casi che trattava giorno per giorno: sparì misteriosamente il giorno della strage, portata via nella borsa del giudice dal capitano dei carabinieri Arcangioli (assolto da tutte le accuse con una sentenza a dir poco vergognosa). Ancora, la vicenda del primo Luglio, quando Paolo si trovava a Roma per ascoltare un pentito (Gaspare Mutolo) e improvvisamente gli arrivò una telefonata del neoeletto ministro degli interni Mancino, che gli diceva di raggiungerlo. Ci sono testimoni oculari che lo videro entrare nell’ufficio del ministro ed uscirne profondamente turbato. Mutolo disse che, al suo ritorno, «Il giudice era così nervoso da accendersi due sigarette contemporaneamente». Stranamente Mancino, sollecitato da Salvatore in una lettera aperta a raccontare cosa successe in quell’ufficio quel giorno, dice di non ricordarsi della visita di Paolo Borsellino, cosa alquanto improbabile in quanto in quei giorni il giudice era su tutti i giornali a causa del rischio di morte che correva, e oltretutto lo stesso Paolo testimonia in un’altra sua agenda l’avvenuto incontro col ministro…
Insomma, l’analisi di queste e di molte altre faccende strane accadute in quei mesi fanno pensare che in quel periodo, proprio quando Cosa Nostra era stato messa in ginocchio dal Maxiprocesso alla mafia che era stato organizzato e portato a termine grazie all’audacia di Falcone, Borsellino e degli altri membri del pool antimafia di Palermo (nonostante i mille ostacoli generati anche da una parte della magistratura), lo Stato anziché intervenire per dare alla mafia il colpo di grazia, abbandonò a sé stessi i due giudici, isolandoli dal sistema e rendendoli così troppo vulnerabili…
«Cosa accadde in quella stanza tra Paolo e il ministro Mancino?» La domanda posta da Salvatore non ha ancora trovato risposta, anche se l’unica ipotesi logica che si può sopravanzare è che in quel pomeriggio si trovano le cause della morte di Paolo Borsellino: perché forse, in quell’ufficio, a Borsellino fu chiesto di fermare le sue indagini, per far si che il “patto di non belligeranza” tra Stato e mafia potesse procedere indisturbato, in modo che Cosa Nostra, liberatasi dei suoi vecchi referenti politici (la DC,ormai bruciata), potesse trovare facilmente altri appoggi nella nuova Repubblica che stava per arrivare…
La risposta di Paolo è sotto gli occhi di tutti, e si legge nella strage di via d’Amelio…

Chiudo qui, anche se il racconto di Salvatore Borsellino è stato sicuramente ricco di tanti dettagli che qui non riesco a riportare (per approfondimenti visitate il sito sopra citato)… E vorrei farvi passare quello che questa coinvolgente e commovente serata ha regalato anche a me, terminando l’articolo con un’altra frase di Paolo Borsellino, che era parte del discorso da lui pronunciato ai funerali dell’amico fraterno Giovanni Falcone, e spiega benissimo il messaggio della serata di lunedì scorso, e del continuo viaggiare per l’Italia del fratello del Salvatore:

«La lotta alla mafia, il primo problema da risolvere nella nostra terra bellissima e disgraziata, non doveva essere soltanto una distaccata opera di repressione, ma un movimento culturale e morale che coinvolgesse tutti e specialmente le giovani generazioni, le più adatte a sentire subito la bellezza del fresco profumo di libertà che fa rifiutare il puzzo del compromesso morale, dell’indifferenza, della contiguità e quindi della complicità.»
Paolo Borsellino

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