Rispondiamo all’intervento del 19 Giugno di Mauro Carnelos, presidente dell’Arcuf ed aggiungiamo ….

Mi dispiace dirlo ma sul supporto elettorale dato dall’ Arcuf alla lista “Continua il Rinnovamento per Gaiarine” si è detto su questo blog, ne hanno parlato gli “addetti” alla politica di Gaiarine, ma quel che più conta, nei giorni successivi alle elezioni, si è avvertito, nei luoghi pubblici di Francenigo, un continuo ed insistente mormorio che avvalorava questa tesi.
Personalmente non so se sia vero o falso e d’altra parte devo prendere per buona la tua categorica smentita.
Mi resta solo una sensazione non positiva, quella avuta la sera dei festeggiamenti della vittoria dell’attuale maggioranza in piazza a Gaiarine, dove ho visto persone indiscutibilmente appartenenti all’Arcuf fare da inservienti distribuendo vettovaglie, direi che la loro presenza come quella di appartenenti ad altre associazioni, in qualità di inservienti, è stata, a mio avviso, per lo meno inopportuna.

Non di meno devo notare che nel secondo Consiglio Comunale, il primo veramente operativo dopo quello di insediamento, all’ordine del giorno vi era proprio la variante cosiddetta Arcuf, punto che poi fu ritirato ma subito riproposto infatti verrà discusso nel prossimo consiglio che si terrà martedì 22 settembre, il secondo consiglio veramente operativo.
Lo ribadisco, debbo assolutamente prendere per buone le tue smentite.

Non è che voglia entrare nella gestione finanziaria dell’Arcuf, ma siccome tu dici che i bilanci sono pubblici e che per vederli basta chiederli, perché non prendi in considerazione la loro trasmissione via Email a questo indirizzo foraxfora@gmail.com, cosi potranno essere pubblicati su questo blog in modo integrale, dando vita a una forma di trasparenza che potrebbe essere imitata da altre associazioni.

Ma veniamo al vero motivo per cui ti scrivo.

Debbo però fare delle premesse.
La prima è che credo fermamente nel volontariato sotto qualsiasi forma esso si manifesti.
Le persone, soprattutto giovani, che in qualsiasi modo si dedicano a fare qualcosa per gli altri hanno la mia indiscussa stima.
La seconda è che voi, appartenenti all’Associazione Arcuf, vi sentite portatori, all’interno della comunità di Francenigo e non solo, delle tradizioni; in questo senso date molto risalto al “palio dei vecchi mestieri”, che è poi, in questi anni salvo qualche rara eccezione, l’unica vera manifestazione “culturale” che proponete, perché le altre iniziative sono normalmente legate allo sport e alla musica.

Fatte le premesse, veniamo al dunque-
E’ vero, siete l’unico comitato festeggiamenti del Comune a non avere una struttura fissa dove poter servire i pasti, ma perché se ritenete che questa mancanza metta in discussione la vostra stessa sopravvivenza, dovete per forza essere partecipi della distruzione di quella casa appartenuta ai Bressan, che è l’unica casa in pietra rimasta nel centro di Francenigo?
Una casa come non ce ne sono più. E’ vero, è mezza diroccata, ma ha un grado di protezione e non ce l’ha per caso.
Se siete legati alle vere tradizioni, se siete legati a Francenigo, perché contribuire a cancellare segni del nostro passato?
Il nostro vivere quotidiano senza riferimenti al passato é un vivere senza storia, il nostro paesaggio urbano e anche agricolo senza la memoria di come, nella fattispecie, costruivano i nostri avi e quali materiali usassero, diventa un paesaggio arido che non trasmetterà più nulla alle generazioni future.

Perché non studiare altre soluzioni che permettano a quella casa di non essere abbattuta, ma ristrutturata con gli stessi materiali, mantenendola in “vita”? Perché avvallate un modo di fare urbanistica che è degli anni sessanta? ( abbattiamo e ricostruiamo noi che siamo migliori di quelli del passato)

Oggi, su questo blog è stato pubblicato un articolo a firma di Giambattista Zacariotto dal titolo “Gaiarine, territorio di qualità cercasi” . Perché anche voi non date un contributo fattivo alla ricerca della qualità del paesaggio di Francenigo?

Perché avvallate la costruzione di un parcheggio in prossimità dell’Aralt, all’interno di quest’area che dovrebbe essere o diventare il luogo di “qualità di Francenigo”, un vero parco urbano ad uso esclusivo dei pedoni?
Nessuno discute la Vostra presenza, come non si discute il rifacimento del “campetto”, ma perché un parcheggio?
Perché volete arrivare più comodi con le macchine alla vostra nuova struttura o perché avete accettato supinamente le indicazioni dell’amministrazione?
Un parcheggio a pochissima distanza c’è già ed è quello nuovo vicino al Maglio (ah il Maglio, anche questo comparto meriterebbe delle lunghe riflessioni)
Cerchiamo la “Qualità”, una “qualità vivibile” per i nostri bambini, ragazzi ed anziani.

Facciamo per una volta a Francenigo qualcosa che possa essere di esempio: un modo “intelligente” di fare urbanistica.

Voi potete essere uno dei motori del cambiamento; soprattutto lo puoi essere tu Mauro, visto l’incarico che ricopri e perché sei giovane e perché probabilmente non vorrai metterti nell’armadio qualche scheletro per ritrovartelo magari tra qualche anno e prenderne paura.

Renzo Rizzon

Condivi
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Gaiarine, territorio di qualita’ cercasi.

Le spinte di trasformazione urbanistica sono molto forti nel Comune di Gaiarine. Molti sono i progetti strategici nell’agenda dell’ Amministrazione. Alcuni gia’ in fase avanzata di progettazione. Definiranno la forma e il funzionamento di parti importanti del territorio come i centri di Gaiarine e Francenigo.

Questi progetti sono un reale beneficio economico e ambientale per tutti gli abitanti? Chi decide che cosa e come farlo? Quali sono principi alla base delle decisioni?

Come ho illustrato nell’ articolo Comune di Gaiarine come parco sostenibile: uno scenario possibile del 6 maggio 2009, esiste un problema di qualità delle trasformazioni passate. La lista dei casi nel Comune e’ lunga. Ad esempio, i problemi del traffico, la perdita di attrattività dei centri, le conseguenze sulla sicurezza delle persone, sono da ricercare nel modo in cui si e’ progettato il territorio nei decenni precedenti.

Massimo Quaini, geografo dell’Universita’ di Genova e curatore del rapporto annuale della Societa’ Geografica spiega “lo stato pietoso del nostro Paese” il paesaggio italiano e’ “disordinato, frutto di una pianificazione confusa e tutelato solo in parte secondo schemi superati”.

I progetti propagandati dalla Amministrazione (vedi ad esempio Abitare all’Ikea Il progetto Ammnistrazione Jesse per Francenigo del 25 maggio 2009) celano altre minacce, per l’identita’, la sicurezza, il valore economico e sociale dei luoghi. Non reggono il confronto con esempi comparabili in altri contesti di eccellenza e sono, nonostante i “fatti”, di basso livello. Dal punto di vista degli attori coinvolti la questione e’ duplice: l’ Amministrazione non e’ in grado di giudicare la qualità dei progetti che promuove e approva. I progettisti spesso non sono aggiornati e propongono schemi non aderenti alle potenzialita’ e sfide propri delle aree che investono. Esiste ed e’ urgente un problema di qualità delle trasformazioni future.

Se alcuni, nel breve termine guadagnano, tutti nel lungo termine perdono perché i problemi concreti che provocano sono ripartiti tra gli abitanti del Comune per generazioni sommandosi a quelli già oggi evidenti. Gli incidenti stradali sono visibili, altri effetti sono differiti nel tempo ma altrettanto devastanti, le conseguenze dell’ inquinamento di base (anche automobilistico), secondo l’Oms, produce migliaia di morti nelle principali città italiane.

L’ Amministrazione “Rinnovamento” non ha rinnovato i principi del progetto urbanistico. Questo significa che l’Amministrazione non ha imparato dai problemi del passato ed e’ priva di idee, strategie, strumenti nuovi per governare il futuro. Ci sono buone ragioni per ritenere che l’Amministrazione stia ripetendo errori gia’ commessi da altri, in altri contesti, in altri periodi. La demolizione di un antico edificio nel centro di Campomolino e la costruzione del condominio di cemento nel Aralt a Francenigo sono casi evidenti. Vasti parcheggi infilati sin nel cuore dei centri antichi dai nuovi progetti in attesa di altre auto, smog, rumore. Il bel progetto per la Piazza del Popolo di Sacile ha preso le mosse da un principio contrario.

Le questioni e gli spazi che riguardano la viabilità, gli edifici, l’energia, l’acqua, la natura, se integrati nel progetto, secondo principi di sostenibilità conducono alla realizzazione di luoghi attrattivi, all’aumento della qualità ambientale ed economica a vantaggio di chi ha investito e di chi abita. Ad esempio nell’area per abitazioni a “Castellir” in corso di realizzazione a Gaiarine lo spazio principale combina strada e fascia boscata. La sezione della strada e’ ridotta, le auto rallentano senza bisogno di segnalazioni, e i bambini possono appropriarsene con la bicicletta. La fascia boscata di ampie dimensioni e’ dominante, struttura e orienta l’intero spazio dell’abitare. Gli alberi accolgono le aree per il gioco e in caso di forti piogge intercettano l’acqua, il suolo e’ modellato per trattenerla localmente e infiltrarla evitando, in questo modo, di scaricarla a valle creando problemi ai vicini e contribuendo a ricaricare la falda. D’estate lo spessore degli alberi ombreggia persone e case. Strada e fascia boscata combinano, all’interno di un unico spazio, diverse funzioni. Il risultato e’ uno spazio attrattivo e multifunzionale. Il suo valore aumentera’ negli anni.

L’esempio illustrato, nel Comune rimane una eccezione. E’ urgente elevare la qualità media dei progetti. Conquistare la consapevolezza dei rischi reali che i progetti nell’agenda della Amministrazione celano e trovare strumenti nuovi per “fare”, nel migliore dei modi possibile.

In alcune esperienze europee l’istituzione della squadra per la qualità (quality team) ha condotto a risultati di notevole interesse. Un gruppo selezionato e’ composto da pochi esperti in diverse discipline, ad esempio un archittetto-urbanista e del paesaggio, un ingegnere idraulico e forestale. I componenti del gruppo condividono principi di progettazione sostenibile. Le idee progettuali si elaborano a partire dalla integrazione della viabilita’, dell’edificato, delle acque, del verde, dell’energia all’interno di uno spazio coerente.

L’ Amministrazione si avvale del supporto della squadra con l’obiettivo di guidare il processo di progettazione ( sia di progetti di finanziamento privato, pubblico o pubblico-privato), verso il migliore dei risultati possibili misurato sui reali benefici alla società e sulla riduzione dei problemi ambientali ed economici negli anni a venire. La squadra per la qualità entra nel processo di progettazione sin dalle prime fasi. Esplora le condizioni e le potenzialita’ del sito; ascolta gli abitanti; indirizza i progettisti suggerendo i riferimenti appropriati; revisiona il progetto cercando combinazioni promettenti tra i vari livelli di cui si compone (viabilità, edifici, acque, verde, energia). L’obiettivo e’ far emergere dal contesto locale un progetto integrato. Una porzione di territorio coerente di alto livello estetico e funzionale.

Progetti di investitori privati quali Jesse, Andreetta, Maschio ma anche quelli per le piazze, possono essere molto migliorati ma i limiti, spesso, non vengono neppure visti. Costano molto e valgono poco. I migliori ci insegnano che il territorio richiede una lettura attenta del contesto e uno sguardo multidisciplinare. Per governare la qualita’ occorre, dunque, integrare diverse competenze.

Se l’Amministrazione “Rinnovamento” sostiene che le trasformazioni urbanistiche che ha avviato sono un reale beneficio economico e ambientale per tutti gli abitanti non si sottrarra’ al giudizio di una squadra per la qualità.

Condivi
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Un esempio da non seguire: l’istruttoria secretata del nuovo piano regolatore di Trieste

Nel corso della settimana (non siamo ancora riusciti a capire quando, pur avendo spulciato i quotidiani) il Consiglio comunale di Trieste ha deciso di secretare l’istruttoria del nuovo piano regolatore (come potete leggere QUI).
È un fatto gravissimo, che crediamo non abbia precedenti e che pone problemi gravissimi di funzionamento delle istituzioni democratiche. Infatti, fino a che punto si deve considerare non conclusa, e quindi secretata, la fase istruttoria? Fino alla deliberazione del Consiglio? Ma allora in questo caso anche la discussione del Consiglio dovrà avvenire a porte chiuse.
E poi, in questo modo si salvaguardano l’interesse di tutti oppure quello di pochi (politici, costruttori, investitori) che pur di non farsi sfuggire la possibilità di ricavare nuovo profitto si spingono fino al punto di “blindare” un provvedimento a loro favorevole?
Intanto la maggioranza triestina di centrodestra rischia di spaccarsi: la Lega reclama il ripristino della trasparenza e il mantenimento delle promesse elettorali.
Si tratta di una situazione intollerabile, ci auguriamo che la trasparenza sia ripristinata al più presto e che veramente questa scelta forsennata non sia imitata da altre Amministrazioni.

Ps: per un’altra “non trasparente” pianificazione in terra giuliana leggete QUI l’editoriale di Paolo Rumiz sul Piccolo del 20 aprile scorso.

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Condivi
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La nuova Legge Urbanistica Regionale e il PATI

All’inizio del 2005 è entrata in vigore la legge della regione Veneto n. 11 del 23 aprile 2004 che porta il titolo “Norme per il governo del territorio”.
E’ la nuova legge urbanistica regionale (LUR). Il riferimento costituzionale al territorio dà la misura degli interessi coinvolti da questo intervento legislativo. La legge urbanistica regionale, infatti, investe gli interessi di una vastissima gamma di soggetti: dai comuni cittadini, ai proprietari delle aree, agli operatori professionali, agli amministratori e funzionari delle amministrazioni locali.
La legge regionale si pone come obiettivo la difesa delle identità storico-culturali, la tutela dell’ambiente, uno sviluppo ordinato e sostenibile, cioè uno sviluppo che “consenta alla generazione presente di soddisfare i propri bisogni senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i loro” (Commissione mondiale dell’ambiente e dello sviluppo o Commissione Brundtland, 1987).
La nuova legge mantiene i meccanismi della pianificazione a cascata, dal livello regionale (Piano territoriale di coordinamento regionale o PTRC) a quello provinciale (Piano territoriale di coordinamento provinciale o PTCP), mentre innova profondamente a livello comunale.
Sparisce il tradizionale Piano regolatore generale (PRG) che viene sostituito dal Piano regolatore comunale (PRC).
Questo, però, è profondamente diverso dal PRG, essendo costituito a sua volta dal Piano di assetto del territorio (PAT), di durata decennale, e dal Piano degli interventi (PI), che ha validità quinquennale.
Inoltre due o più comuni possono unirsi per realizzare assieme il Piano di assetto territoriale intercomunale (PATI) che va a sostituire il PAT.
Il PATI può anche essere tematico, cioè può trattare solo alcuni dei temi della pianificazione stabiliti dalla legge. Questo PATI tematico dovrà di conseguenza essere integrato a livello comunale da un PAT che elaborerà i temi non trattati dal PATI tematico.
Il PAT è lo strumento della pianificazione che determina le scelte di natura strategica dello sviluppo che si sottolinea ancora una volta deve essere “sostenibile” e quindi individua le zone che devono essere considerate non modificabili (invarianti) per motivi geologici o idrogeologici, ambientali, paesaggistici, storici, architettonici, ecc., le zone già definite dalla pianificazione dei piani regionali e provinciali (o dai PATI tematici), le cosiddette vocazioni alla trasformabilità in funzione delle varie esigenze dello sviluppo (case, attività produttive, servizi, mobilità, ecc.).
Il PAT, a differenza dal PRG, non ha valore operativo immediato, vale dire che in base ad esso non sarà possibile modificare il territorio se non in alcuni casi limitati e ben definiti.
Il Piano degli Interventi (PI) è lo strumento più vicino all’attuale PRG e dà operatività alle scelte strategiche (PAT) e assorbe anche l’attuale programma poliennale di attuazione (PPA) e il piano triennale delle opere pubbliche. Si attua sia con i normali permessi di costruzione, sia attraverso preventivi Piani urbanistici attuativi (PUA) che vanno a sostituire la congerie dei precedenti strumenti attuativi.
Una grande e, si spera, positiva novità introdotta dalla nuova legge è l’obbligo della VAS o Valutazione strategica ambientale che deve accompagnare ogni strumento pianificatorio e le sue varianti.
Oggi conosciamo solo la VIA o Valutazione di impatto ambientale che si applica solo a certe grandi opere che coinvolgono pesantemente l’ambiente (aeroporti, ferrovie, ponti autostrade, grandi industrie, ecc.). La VIA opera solo a posteriori, in pratica solo dopo che il luogo e il tipo di insediamento è stato deciso e svolge sostanzialmente solo un’azione di limitazione o attenuazione del danno ambientale. La VAS, invece, opera a livello preventivo – in rispetto del principio di precauzione – su tutti gli strumenti urbanistici: essa, infatti, deve evidenziare la congruità delle scelte rispetto agli obiettivi di sostenibilità della pianificazione, le possibili alternative, le misure di mitigazione anche in relazione agli altri strumenti di pianificazione con cui vanno ad interagire.
Fin qui la parte veramente apprezzabile della legge.
Va, infatti, ricordato che tutta la strumentazione urbanistica deve veder coinvolte preventivamente tutte le forme organizzate operanti sul territorio: enti istituzionali, organizzazioni sindacali, associazioni, ecc. In buona sostanza i “poteri forti”. Questa è la cosiddetta “concertazione e partecipazione” dalle quali però sono esclusi i cittadini.
Facciamo un esempio. Un Comune avvia le procedure per la stesura del PAT: la Giunta Municipale, prima di adottare il documento programmatico voluto dalla legge deve concertare con enti e associazioni gli obiettivi del documento e, quindi, del PAT.
Questo documento viene solo trasmesso al Consiglio Comunale, l’unico organo di governo democraticamente eletto, per mera informazione e che neppure lo può discutere. Solo al momento dell’adozione del PAT il Consiglio Comunale potrà esprimersi, ma solo attenendosi alle scelte del documento programmatico così come dovranno fare i tecnici.
E i cittadini: come ora potranno, a posteriori e a giochi fatti, fare le loro osservazioni.
I Comuni di Codognè (Capofila), Cordignano, Gaiarine, Orsago e San Fior si sono uniti ed hanno adottato nel maggio 2009 il PATI, strumento che è al vaglio della Regione (il 10/03/2009 la regione ne ha rinviato l’approvazione per supplemento di istruttoria).
Quanti cittadini di Gaiarine sanno tutto ciò?
Molto pochi, le decisioni sono state prese “in alto” e solo gli amministratori e i tecnici che sono stati informati.
Ora appare evidente che se un’Amministrazione vuole essere democratica deve attivare tutti i possibili canali per coinvolgere non solo gli organismi costituiti ma anche per dar voce al singolo cittadino già nella fase preliminare per consentire così una maggior partecipazione magari creando un apposito forum sul sito istituzionale del Comune con l’obiettivo di consentire e promuovere la maggior partecipazione possibile: Si potrebbe anche chiedere di aprire un vero e proprio sportello in comune dove ogni cittadino può andare per chiedere informazioni.
Urge che i successivi atti (PAT – Piano regolatore Comunale – Piani di intervento) vengano fatti alla luce del sole e non solo nell’ufficio del Sindaco.

potete trovare qui un interessante documento sulle nuove modifiche della Legge Urbanistica Regionale

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Condivi
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Pianificazione Territoriale Provincia di Treviso

A proposito di Pianificazione Territoriale del Veneto ed in particolare della Provincia di Treviso riporto qui sotto alcuni passi del PIANO TERRITORIALE DI COORDINAMENTO
PROVINCIALE adottato con delibera n. 25/66401/2008 del Consiglio Provinciale il 30 Giugno 2008.
Il piano si può trovare a questo indirizzo http://urbanistica.provincia.treviso.it/dettaglio_temi.asp?IDTema=2

“LA RIORGANIZZAZIONE TERRITORIALE DELLE AREE PRODUTTIVE
…..
Il modello di sviluppo sinora seguito nel Veneto ha portato ad una saturazione del territorio con la creazione di una sorta di area industriale diffusa che ha coinvolto tutte le comunità sociali, dalla grande città al piccolo paese. Questa industrializzazione a macchia di leopardo ha comportato la presenza di “punti di pressione” sulla quasi totalità del territorio provinciale, senza che venisse seguito alcun criterio ambientale e spesso senza neppure tenere conto delle necessità logistiche di comunicazione e collegamento.
La situazione delle aree produttive presenti nella Provincia, di cui si è evidenziato l’elevato, la loro frammentazione, la dispersione sul territorio, gli scarsi servizi a disposizione, la difficoltà di collegamento alla rete infrastrutturale primaria (autostrade), è certamente un problema da affrontare.
Una guida, che viene fornita dallo stesso Programma Regionale di Sviluppo, è quella di pensare il
territorio non indifferenziato rispetto ai grandi assi della mobilità, ma organizzato attorno ad essi con le sue stesse funzioni primarie (abitativa, produttiva, distributiva, terziaria). Risulta quindi evidente che nella pianificazione territoriale, la rete infrastrutturale principale esistente e quella programmata e progettata devono essere assunte come “armatura del territorio”, alle quali riferire le destinazioni d’uso delle aree.
In particolare le aree localizzate in prossimità dei nodi infrastrutturali, saranno caratterizzate da
un’elevata generazione di traffico e anche da un’elevata densità abitativa.
Uno degli obiettivi del PTCP è quello di riorganizzare e razionalizzare il territorio urbanizzato limitando il consumo di nuovo suolo, consentendo l’ampliamento delle sole aree produttive correttamente localizzate sia da un punto di vista ambientale sia infrastrutturale, e che, per ridurre il consumo di suolo, potranno anche prevedere funzioni di sviluppo in verticale.
…..
Una strategia di sviluppo sostenibile non può basarsi sull’indiscriminato incremento quantitativo del sistema produttivo esistente, che anzi va dimostrando ormai la propria incapacità di sostenere, nelle condizioni presenti, l’urto dei mercati globali. La società e l’economia trevigiane devono affrontare oggi è la questione qualitativa; inoltre le “famiglie trevigiane” si attendono che essa sia affrontata senza degradare le risorse di cui il territorio provinciale ancora dispone, anzi recuperando per quanto possibile quelle che nel secolo scorso sono andate disperdendosi o degradandosi sotto la spinta della crescita economica.
L’impegno delle politiche pubbliche per il territorio, del PTCP in particolare, si riconosce allora
nell’aprire alle imprese il campo più adatto a consentire loro di impostare e gestire senza diseconomie, anzi con il massimo di economia di scala e di progresso tecnico, processi di produzione e distribuzione affrontati in tutti i loro diretti ed indotti fattori di input: ricerca scientifica, sperimentazione, produzione pre-competitiva, formazione professionale, produzione, commercializzazione.
…..
Sulla base della popolazione stimata e dell’andamento economico, sono state formulate varie proiezioni sulle quantità di superficie necessaria al 2020 per le attività produttive e terziarie.
Questa previsione ci ha indicato una esigenza, considerando l’ipotesi di sviluppo più favorevole, di circa 52 -53 milioni di m2 di superficie necessaria per i settori produttivo e terziario.
Altre ipotesi, più riduttive, conducono ad un fabbisogno di 35 milioni in extraurbano e di 5 milioni in area urbana.
Il progetto di riorganizzazione del PTCP relativo alle aree produttive è stato impostato considerando lo scenario di sviluppo e quindi su una richiesta di circa 52 milioni di m2.
……
Dati i numeri in gioco, ovvero circa 78.000.000 m2 di superficie urbanizzata destinata ad attività produttiva e commerciale, prevista dai PRG al 2004, le attuali quantità utilizzate (circa 60 milioni di m2) e le previsioni relative alla necessità future (52 milioni in scenario di sviluppo)5 e visto l’art. 2 della l.r. 11/04 (uso di nuove risorse territoriali solo quando non esistano alternative alla riorganizzazione e riqualificazione del tessuto insediativo esistente) è stato ritenuto, nella stesura di questo piano, di non individuare nuove aree, ma di proporre aree già esistenti che, per condizioni di compatibilità ambientale, possano esser ritenute idonee ad eventuali ampliamenti.”

Credo che questi pochi stralci ci confermino che l’Opzione Zero nel consumo del territorio debba essere non solo una visione strategica vincente, ma addirittura necessaria in quanto, come si evince dal Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale avendo 20 milioni di mq. di superfici industriali in più del fabbisogno stimato fino al 2020 (le valutazioni sono state eseguite nel 2004 e riviste nel 2005 quindi prima della crisi economica attuale), nei prossimi anni i comuni dovranno impegnarsi a fondo per trovare forme di riconversioni di queste aeree, se non vorranno lasciare sul territorio una miriade di “Cattedrali nel deserto” con il relativo degrado.
Mi dimenticavo di dire che il Piano Provinciale prevede che si dovrà passare entro il 2020 dalle 1077 zone industriali situate in provincia a 250.

Condivi
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Pianificazione Territoriale – considerazioni

URBANISTICA- PIANIFICAZIONE TERRITORIALE

Il fallimento della pianificazione urbanistica nel territorio della Marca Trevigiana e non, è sotto gli occhi di tutti, una enormità di Leggi, piani urbanistici e quant’altro che sono state aggirate e messe in contraddizione tra loro.
Sindaci, che dovevano operare con un’accorta gestione del territorio, non sono stati all’altezza del loro compito.
Spesso ad una deficitaria conoscenza di problematiche ambientali, paesaggistiche e storiche si è associata una disinformazione in senso lato, legata ad un concetto di esclusività territoriale in relazione all’area amministrata, delineando i contorni di un degrado sempre più evidente anche ai più distratti, con perdita di pezzi di ambiente.
Un’urbanizzazione diffusa non solo legata ai capannoni, ma all’invasione di cemento tout –court, ai riordini fondiari ecc. sta depauperando la risorsa suolo ed acqua, nella sua massima eccezione.
Quanto prospettatoci in sede ONU in merito agli effetti sul territorio, provocati dai cambiamenti climatici ormai in atto, ci induce a muoverci con circospezione e particolare attenzione.
Urge pertanto attuare uno stop al consumo di territorio libero nel comune di Gaiarine e si auspica che ciò avvenga anche nei comuni contermini, come già sta succedendo in altre zone del Veneto.
Nello specifico non va incrementato l’utilizzo di suolo per uso artigianale, industriale e commerciale; le aree a disposizione sono più che sufficienti ed è doveroso prevedere il trasferimento di capannoni ubicati in zone improprie. Le zone industriali andrebbero opportunamente mimetizzate con studi di verde in “verticale” nei lati rivolti alle zone B e C e agricole.
Non vanno individuate nuove aree residenziali; la priorità và alla riconversione dei vecchi opifici siti all’interno del centro urbano del capoluogo e delle frazioni.
Le aree già individuate come residenziali di espansione nel P.R.G. rimangono a disposizione in seconda battuta qualora ce ne fosse l’effettiva necessità.
L’area agricola del territorio andrebbe divisa in zone a seconda delle caratteristiche storiche, ambientali, paesaggistiche che le contraddistinguono incentivando e talora obbligando la piantumazione di siepi o boschetti in un tot di percentuale sull’aree di proprietà. Va “normato” l’uso agricolo del suolo e la sua tutela.
I terreni, nell’area Sic e Zps denominata “Ambito fluviale del Livenza”, tra l’argine e la riva del fiume, andrebbero convertiti a prato stabile.
La differenza del mancato reddito rispetto ad una coltura più pregiata, andrebbe compensata con il contributo stabilito dal Programma di Sviluppo Rurale per la loro conversione a prato stabile.
Vanno perseguiti interventi di riqualificazione ambientale là dove è più urgente intervenire coinvolgendo imprenditori, associazioni.
Tutto ciò che può essere spendibile dall’amministrazione comunale oltre le normali necessità (personale, sanità, scuola, sociale) andrebbe speso per la riqualificazione ambientale del territorio e il risparmio energetico.
Ogni anno, per il coinvolgimento ad una maggiore consapevolezza del proprio territorio, le scuole nei vari gradi, dovrebbero presentare un progetto di riqualificazione ambientale o di risparmio energetico e il comune attuare in concreto il più interessante e fattibile, anche in più fasi, coinvolgendo la parte imprenditoriale del paese.
Va attuato ogni fine anno una sorta di bilancio ambientale e di verifica di quanto fatto, va cercata la collaborazione e il confronto con i sindaci contermini sullo stato del territorio.
Ogni scelta progettuale riguardante il territorio, dovrebbe essere effettuata direttamente sul posto, del tutto simile ad una seduta di consiglio comunale.

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«Il Veneto ha gi

VENEZIA
Professor Domenico Patassini, preside della facoltà di Pianificazione del territorio allo Iuav, che impatto potrà avere il Piano casa per l’edilizia?
«È evidente che la legge nasce con un connotato anticiclico. Da un lato si propone di rilanciare i consumi sul versante del bene-casa, dall’altro, per la natura stessa dei lavori che prevede, contiene una forma di sostegno alle imprese del settore. Almeno nelle intenzioni».

Per l’appunto: queste intenzioni potranno trasformarsi concretamente in misure anticrisi?
«Studi aggiornati che ci consentano una valutazione dei benefici purtroppo non ne abbiamo, vedo che il Cresme ha cominciato, per ora, a elaborare delle stime. Dal mio punto di vista, ho una netta sensazione: il rapporto tra ciclo economico e ciclo edilizio, oggi, è molto diverso rispetto agli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso».

Secondo il suo giudizio, perché proprio il Veneto e la Sardegna fanno da capofila in Italia?
«Non è un caso. La Sardegna, per dire, viene da una fresca campagna elettorale che si è combattuta proprio su questi temi».

E il Veneto?
«Il Veneto esce da un periodo di transizione dalla vecchia alla nuova legge urbanistica regionale, in cui si sono accumulate migliaia di varianti ai Piani regolatori comunali. Questa corsa alla variante ha creato – e noi allo Iuav lo possiamo dire con cognizione di causa, poiché abbiamo studiato il fenomeno per conto della Regione – una situazione di sovradimensionamento e di eccesso di offerta edilizia, già pianificata ».

Questo cosa comporta?
«Potremmo tranquillamente fermarci qui per almeno 5 anni e dichiarare una moratoria, senza che le potenzialità dell’offerta edilizia vengano minimamente intaccate».

Il presidente Galan, illustrando gli obiettivi del progetto di legge, ha indicato due bersagli precisi: la «villettopoli» veneta e i capannoni. Missione possibile?
«La legge ha un suo target ed è probabile che questi siano i segmenti che ne beneficeranno di più. Però, ripeto, parliamo di un settore che già adesso è sopra standard, non siamo certo in una situazione di carenza ».

E nei centri storici?
«In molti centri del Veneto ci sono aree dismesse o in via di dismissione, con cubature spesso notevolissime. Occorre che diventino occasione di riqualificazione per le città, più che di aumento delle volumetrie. Il provvedimento di legge, sotto questo aspetto, andrebbe meglio orientato: se c’è una cosa che non si può e non si deve fare, nei centri storici, è intervenire alla spicciolata. La manutenzione urbana è assolutamente fondamentale e costituirebbe un’opportunità enorme per il mercato ».

Il premier Berlusconi, dal canto suo, ha parlato invece di un’occasione per migliorare la «bruttissima edilizia» degli anni Sessanta. Sul fatto che sia brutta è difficile dissentire.
«Potrei presentare, come molto spesso facciamo a scuola, un corposissimo album degli orrori. Basta girare per la nostra “villettopoli”, come la chiama Galan, per rendersene conto. Proprio per questo non vorrei che consentire un’aggiunta del 20 per cento, come prevede la legge, finisse per aggravare la situazione, sommando bruttura a bruttura. Meglio una politica di demolizione e ricostruzione, basata non tanto su incentivi individuali quanto, piuttosto, su programmi di riqualificazione urbana».

«Il Veneto ha già pianificato un’offerta edilizia in eccesso»
Alessandro Zuin
Corriere del Veneto 12/03/2009

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