Ci vorrebbe un’alluvione spalmata in un mese e mezzo per risolvere la siccità.
Due anni fa il Veneto era sott’acqua, ricorderete tutti i 530 millimetri di pioggia caduta in 48 ore. Ora invece invoca una goccia di pioggia. Non solo per l’agricoltura. Anche la vita quotidiana potrebbe essere pregiudicata da questa situazione eccezionale: -86 per cento di precipitazioni rispetto alla media stagionale, -67 per cento di neve questo inverno, un marzo con le temperature di maggio.
Ora le previsioni meteorologiche parlano di diminuzione delle temperature da martedì, di una Pasqua sotto l’acqua, mentre in Regione proprio fra oggi e domani dovrebbe arrivare la firma dello stato di crisi. Tuttavia, se anche nelle prossime settimane dovessero piovere quei 300 millimetri di pioggia che mancano all’appello, mai come in questi giorni si parla di prevenzione anche per questo fenomeno.
La situazione. «È una criticità importante per tutto il Triveneto – afferma Giuseppe Romano, presidente dell’Unione Veneta Bonifiche, l’ente che riunisce i dieci consorzi della regione – Nemmeno il 2003 che è stato un anno estremamente caldo e siccitoso era arrivato a questi limiti. Nei terreni più ghiaiosi il problema si è già avvertito, ma il problema arriverà anche nei terreni più pesanti». Con lo scioglimento delle nevi, quest’anno si ricaveranno circa 104 milioni di metri cubi d’acqua, contro una media di 300 milioni negli ultimi nove anni. Nelle Prealpi Vicentine la falda cala di oltre un centimetro al giorno: le centrali idroelettriche lungo i canali di bonifica della zona sono ferme da mesi per mancanza di portata idrica. Il Piave ha la portata più bassa degli ultimi 100 anni: solo 25 metri cubi al secondo. Il Brenta ancora peggio: 12 metri cubi. Il Consorzio di bonifica deriva circa 7 metri cubi al secondo, mentre il fabbisogno agricolo attuale sarebbe di 22. Anche i fiumi più propriamente di pianura hanno portate di molto inferiori alla media. Secondo l’Unione Veneta Bonificiche, poi, alla foce del fiume Adige si stanno registrando segnali di risalita del cuneo salino con grave rischio per le colture.
Lo stato di crisi.
La bozza per lo stato di crisi, invocato da più parti al vertice di Palazzo Balbi martedì scorso fra consorzi di bonifica, autorità di bacino e gestori di impianti idroelettrici, è pronta e «dovrebbe arrivare sul tavolo del presidente per la firma lunedì o martedì», comunica Maurizio Conte, assessore regionale all’Ambiente. Sono previste limitazioni al prelievo per la produzione di energia idroelettrica: del resto c’è già stata una necessaria diminuzione della quota di energia da fonte idroelettrica da parte delll’Enel, ora la diminuzione verrà “istituzionalizzata”. Poi, alle colture arriverà il 40 per cento in meno di acqua. Per quanto riguarda i bacini, sarà mantenuto il minimo deflusso vitale (cioè la quantità d’acqua che i bacini “ritornano” ai fiumi per mantenere il loro equilibrio ecologico) ai livelli invernali. «Probabilmente – annuncia Conte – inseriremo delle indicazioni anche per l’acquedottistica. Perché ora il problema riguarda le acque di superficie, ma la preoccupazione è che col tempo ci sia una situazione analoga per le acque di falda».
Le conseguenze.
Con uno stato di crisi firmato, non è esluso che le ordinanze antispreco, per esempio il divieto di annaffiare fiori e giardini, di solito emesse durante l’estate vengano dai sindaci anticipate alle prossime settimane. Ordinanze che a Belluno, provincia che già vive una situazione difficile e dove le autobotti già circolano regolarmente per i comuni, sono già arrivate.
Un allarme è stato lanciato nei giorni scorsi, poi, dall’assessore regionale all’Agricoltura Franco Manzato: “Le colture soffrono e soffriranno. Però attenzione: il vero rischio è che a pagare gli effetti di questa vera e propria calamità naturale siano solo i consumatori e i produttori”.
Ovvero, la lievitazione dei costi dei prodotti agricoli che si può verifica in altre fasi della catena di distribuzione. Una lievitazione che è speculazione, considerando che a fronte di potenziali danni alla produzione gli agricoltori possono ricorrere al sistema assicurativo agevolato. “Avremo il paradosso – continua Manzato – che potrebbero rincarare, come già accaduto in passato, anche i prodotti agricoli provenienti da paesi dove il problema non esiste”. L’invito dell’assessore è dunque quello di vigilare su eventuali sbalzi e impennate nel prezzo finale delle produzioni agricole e a segnalarle alle autorità o alle associazioni dei consumatori.
La prevenzione.
«Quando arriveremo a razionalizzazione, vuol dire che è già tardi». Le parole sono ancora di Giuseppe Romano, che sottolinea l’importanza della prevenzione. Si parte dall’irrigazione: «In questi anni si è fatto tanto per ridurre i prelievi dai fiumi, passando da sistemi che usano più acqua a sistemi che ne usano a meno. Il sistema a pioggia, per esempio, spreca il 55 per cento di acqua in meno rispetto a quello di scorrimento”. A Treviso, per esempio, è stato trasformato il sistema di irrigazione di 1 5mila ettari di colture, con un investimento di 50 milioni di eruo. La stessa trasformazione ha interessato nel Veronese, negli ultimi dieci anni, 2500 ettari fra colline e media pianura. Poi, recentemente è entrato in funzione Irriframe: un portale che offre agli agricoltori informazioni puntuali sulle attività dei consorzi, come il preciso momento di intervento irriguo e il volume di adacquata (l’acqua distribuita ai campi). C’è anche una milionaria partita di riconversione delle cave, di cui il Veneto è ricco, in bacini di riserva. Non dimentichiamo, infatti, che la nostra regione dal Piano Irriguo Nazionale firmato l’anno scorso ha portato a casa ben 200 milioni di euro.
I laghi montani.
C’è tutta una realtà però che la siccità la subisce solo e anche con provvedimenti straordinari potrebbe non venirne mai fuori. Si tratta dei laghi montani, per i quali non esiste una legge né regionale né nazionale che ne possa tutelare i bacini. Il lago di Calalzo, completamente a secco e che ha visto una moria di 130 quintali di pesce, è diventato il simbolo di questa siccità, ma anche della mancanza di regolamentazione, come racconta nella nostra intervista all’ospite della settimana Luca de Carlo, energico sindaco del Comune cadorino. “il minimo deflusso vitale vale solo per i corsi d’acqua, non esiste una legge che determini un minimo livello di invaso per i laghi”. Con una beffa fra l’altro: i volumi d’acqua che i gestori degli impianti di energia elettrice e le comunità in pianura possono prelevare dai laghi, sono calibrati ancora con dati che tengono conto dell’invaso del Vajont. “Quando la siccità e il clamore mediatico sarà passato – conclude De Carlo – comunque noi avremo i problemi dei prelievi dell’Enel. Ma resteranno un problema cadorino. Invece dovrebbe essere che un problema cadorino interessi tutti”.
di Antonella Scambia
da Veneto7giorni newsletter n°05