Il boom economico è stato realizzato da una generazione di lavoratori, operai e imprenditori capaci di enorme coraggio, grande creatività e capacità di sopportazione della fatica, ma anche di semianalfabeti. Molti di quegli uomini, divenuti genitori, hanno trasferito nei figli la diffidenza nei confronti della cultura e della formazione. Sento spesso dire dai ragazzi del Nordest che i loro padri sono i primi a ritenere che il diploma serva solo per essere incorniciato, e che la vita lavorativa si costruisce con la pratica e l’esperienza, non con la cultura. Questo errore è alla base del declino economico che ha portato, in un terzo dei casi, a non poter passare alle nuove generazioni il comando di aziende create con sudore e ingegno, poi vendute o chiuse in cambio di un appartamento intestato ai figli. La bassa e cattiva scolarità è anche una delle cause che concorrono ad accrescere il tasso di disoccupazione giovanile. Le statistiche dicono infatti che oltre il 40 per cento dei giovani italiani in cerca di lavoro non possiede un diploma superiore, e solo il 20 per cento possiede un diploma di laurea (nel Regno Unito e in Francia sono più del doppio). Ciò è dovuto a un altro fenomeno tipicamente nostrano: il precoce abbandono scolastico, non adeguatamente contrastato dalle famiglie e dalla scuola stessa.
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una delle fragilità del sistema risiede nei criteri di scelta dell’università. In mancanza di idee chiare sulle scelte professionali (quando parlo con gli studenti dell’ultimo anno di scuola media superiore e dico loro che il criterio primario è la passione per una materia o per un mondo professionale, mi guardano sgomenti), qual è il criterio guida? Sovente è quello logistico …
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Il secondo criterio è quello della continuità con l’attività svolta in famiglia …
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Un terzo punto concerne la coerenza tra lavoro possibile e curriculum formativo …
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L’ultimo punto è il diritto allo studio. Per molti versi esso è ormai pienamente garantito in senso «sindacalese»: si pagano rette bassissime e le università sono presenti in ogni provincia e città medio-grande, senza però pensare che il vero diritto è la meritocrazia (valida per individui e atenei) non la vicinanza a casa. La meritocrazia infatti non è garantita da alcuna selezione né a monte (la scuola media superiore) né a valle: quali sono le effettive differenze di qualità tra un ateneo e un altro?
All’università migliore non approda chi ha più meriti, come dovrebbe essere certificato da un vero diritto allo studio. Su che base vengono assegnati i quattrocento milioni in borse di studio amministrati dalle regioni? Sulla base del merito rispondono le amministrazioni. Solo che quel merito non tiene conto del curriculum dello studente, bensì del reddito dei genitori, che è falso in almeno il cinquanta per cento dei casi. Alla fine, come è stato più volte denunciato, le regioni aiutano non gli studenti più meritevoli ma i figli mediocri degli evasori fiscali. Un modo come un altro per danneggiare chi è davvero bravo ma ha un padre bisognoso che paga onestamente le tasse.
Provocazione/spunto tratto da
L’autorità perduta
Il coraggio che i figli ci chiedono
di Paolo Crepet
ed. Einaudi
“Il social network dei cervelli in fuga, così lavoreranno anche per l’Italia”
in riferimento alla mia proposta del 13 Aprile posto qui un articolo di Riccardo Luna, uscito oggi 17 Aprile su repubblica.it: “Il social network dei cervelli in fuga, così lavoreranno anche per l’Italia”. […] Il ministro Terzi: “Vogliamo valorizzare l’immenso capitale che abbiamo all’estero” […] Con questa speranza il ministro Giulio Terzi oggi ha convocato alla Farnesina i principali protagonisti del mondo scientifico italiano all’estero per presentare loro un progetto che, se funzionerà, potrebbe rivelarsi rivoluzionario: una piattaforma web per consentire ai talenti di restare in rete e collaborare alla crescita economica dell’Italia. […] In occasione dell’ultima edizione del Festival della Scienza di Genova lo aveva spiegato bene Carlo Ratti, direttore del Senseable City Lab del Mit di Boston e uno dei più noti tra i nostri “cervelli in fuga”: “Il contributo di un lavoratore della conoscenza può svolgersi ovunque e contribuire al benessere di luoghi lontanissimi da quelli in cui si trova. […] “.
Lo strumento per questo atteso nuovo miracolo italiano si chiama crowdsourcing: il termine, coniato nel 2006 dal magazine americano Wired, identifica la collaborazione di moltissime persone attraverso la rete per compiere un determinato lavoro. […] secondo le ultime stime vale quasi 400 milioni di dollari, cresce del 100 per cento ogni anno e coinvolge oltre sei milioni di lavoratori in tutto il mondo.[…] Ed è particolarmente significativo che, per realizzare un progetto così fortemente simbolico, il ministro si sia rivolto a […] Gioacchino La Vecchia […] uno dei pionieri mondiali del web: ha partecipato alla realizzazione del primo server del world wide web (www) ed era nel gruppo di lavoro che varò i primi browser. […] alla fine del 2008 ha varato […] Crowdengineering, società nata con l’obietto di mettere il crowdsourcing a disposizione di grandi aziende. Oppure dei governi. Come funziona? “In pratica mettiamo assieme persone, migliaia di persone, per fare delle cose”, spiega La Vecchia semplificando parecchio.
[…]Ma mai nessuno finora aveva pensato di ricorrervi per non perdere il valore dei talenti in giro per il mondo. Per l’Italia si tratta di un problema antico che peggiora ogni anno. Tra il 1990 e il 1998 il numero di chi ha lasciato l’Italia è quadruplicato: soltanto i laureati sarebbero tremila l’anno, ma quel che più ferisce è il saldo negativo, il cosiddetto brain drain, ovvero la differenza fra quanti partono e quanti arrivano: in Francia, Germania, Spagna e Gran Bretagna non è così. Non potendo immediatamente invertire il flusso, ora si prova a cavalcarlo.
È stato Terzi in persona a decidere di provare con il crowdsourcing, che considera lo strumento ideale “per valorizzare l’immenso capitale umano che abbiamo in patria e all’estero”. Il perno del progetto saranno quindi i ventidue addetti scientifici in servizio presso le ambasciate e i consolati: finora veicolavano al mondo scientifico italiano le informazione raccolte all’estero attraverso la rete del RISet: ora quelle informazione saranno estese al network Extender che riunisce le imprese interessate ad opportunità di business all’estero. Sarà un’unica, grande, rete al lavoro per l’Italia.
È stato Terzi in persona a decidere di provare con il crowdsourcing, che considera lo strumento ideale “per valorizzare l’immenso capitale umano che abbiamo in patria e all’estero”. Il perno del progetto saranno quindi i ventidue addetti scientifici in servizio presso le ambasciate e i consolati: finora veicolavano al mondo scientifico italiano le informazione raccolte all’estero attraverso la rete del RISet: ora quelle informazione saranno estese al network Extender che riunisce le imprese interessate ad opportunità di business all’estero. Sarà un’unica, grande, rete al lavoro per l’Italia.
e ben vengano queste provocazioni..
leggevo proprio ieri una serie di considerazioni mooolto interessanti sulla meritocrazia e sulla meritorietà..
ne riporto alcuni passi:
“Meritocrazia è dunque, letteralmente, il potere del merito, cioè il principio di organizzazione sociale che fonda ogni forma di promozione e di assegnazione di potere esclusivamente sul merito. Quest’ultimo è definito da Young [sociologo inglese cne nel 1958 ne coniò il concetto] secondo la ormai ben nota formula: m= IQ + E, dove m sta per merito, IQ per quoziente di intelligenza, E per sforzo. Il merito è dunque la risultante di due componenti: il talento che ciascuno ottiene dalla lotteria naturale e l’impegno profuso dal soggetto nello svolgimento di attività o mansioni varie.”
“Invero, è un fatto a tutti noto che la medesima abilità personale e il medesimo sforzo vengono valutati diversamente a seconda del prevalente ethos pubblico. Ecco perché il criterio meritocratico, secondo il giudizio del suo inventore, non può essere preso come criterio, né primo né principale, per la distruzione delle risorse di potere, economico e/o politico. Young fu talmente persuaso della pericolosità di tale principio che arrivò a scrivere nel 2001 un articolo in cui lamentò il fatto che il suo saggio del 1958 fosse stato interpretato come un elogio e non come una critica radicale della meritocrazia intesa come sistema di governo e organizzazione dell’azione collettiva basato sulla formula di cui sopra.”
“Una politica meritocratica contiene in sé i germi che portano, alla lunga, alla eutanasia del principio democratico.”
“Ben diverso è il giudizio nei confronti della meritorietà che è il principio di organizzazione sociale basato sul “criterio del merito” e non già del “potere del merito”. E’ certo giusto che chi merita di più ottenga di più, ma non tanto da porlo in grado di disegnare regole del gioco – economico e/o politico – capaci poi di avvantaggiarlo. Si tratta cioè di evitare che le differenze di ricchezza associata al merito si traducano in differenze di potere decisionale. Non è bensì accettabile che tutti gli uomini vengano trattati egualmente – come vorrebbe l’egualitarismo. Tutti però devono essere trattati come eguali, il che è quanto la meritocrazia non garantisce affatto. In altro modo, mentre la meritocrazia invoca il principio del merito nella fase della distribuzione della ricchezza, cioè post-factum, la meritorietà si perita di applicarlo anche nella fase della produzione della ricchezza, mirando ad assicurare l’eguaglianza delle capacità.”
“La meritorietà è dunque la meritocrazia depurata della sua deriva antidemocratica.”
tratto da Meritocrazia e Meritorietà di Stefano Zamagni,
http://www.aiccon.it/file/evento/Meritocrazia_e_Meritorieta.pdf
Docente Economia Politica
Università Bologna
alle sue domande è fin troppo facile rispondere, e proprio questo dimostra che classi, categorie, titoli non bastano..
ma il filo delle provocazioni voleva partire già dal post pubblicato, dove si voleva dimostrare come l’evasione provochi danni indiretti e impensabili..
Mi permetto, se posso, una provocazione che spero stimoli un ragionamento costruttivo.
Sono anni che sentiamo e leggiamo di “merito” da premiare e di “meritocrazia”; che cosa sono?
Come li vogliamo misurare?
“Merita” di più il 110 e lode di uno che poi speculerà su tutto o il 90 di un ragazzo onesto che non calpesterà gli altri ?
“Merita” di più il manager rampante che fa la fortuna dell’azienda con furbizie varie, salvo abbandonarla poco prima del fallimento, o quello che fa i passi secondo la gamba con responsabilità e lungimiranza anche se non esce dall Bocconi?
Uno che non “merita” perchè riesce meno nei quiz INVALSI è destinato all’oblio nella moderna società “competitiva”?
E siamo proprio sicuri che la “competizione” sia la priorità nell’esistenza dell’Uomo, che sul piano antropologico dovrebbe, teoricamente, allontanarsi sempre più dalla “bestia”?
Secondo Ezio Manzini ,la sensibilita´, conoscenza, creativita´e capacita`imprenditoriale delle persone sono potenzialmente le risorse piu`potenti per guidare le citta´verso un futuro migliore. Che interpreto nel senso di piu`belle, pulite, giuste. Dunque la strategia piu`promettente e`creare le condizioni per catalizzare queste risorse sociali diffuse, in altri termini per coinvolgere le teste piu´interessanti nel governo della citta`al fine di generare azioni e progetti concreti. Ora, sono molti i Gaiarinesi, che, sia vivendo nel comune che per formazione e professione, costituiscono questo potenziale. Perche´il governo locale non istituisce un forum nel sito del comune dove questi soggetti possano almeno lasciare traccia del loro pensiero, e ricevere risposte da coloro che ora decidono il futuro anche per loro.