A proposito dell’ampliamento in zona agricola ditta Corazza.

Dopo il consiglio comunale del 14 Aprile scorso che ha deliberato l’ampliamento in zona agricola per una superficie di 1.500 mq della ditta Corazza, con i voti favorevoli della maggioranza che “sgoverna” il comune di Gaiarine e con i voti contrari di tutte tre le minoranze, si sentono in giro per il comune degli sproloqui tali da lasciare “basiti”.
Due sono le più ripetute ed inaccettabili giustificazioni che prevalgono per giustificare le scelte di questa amministrazione:

  1. oggi meglio un ampliamento di una fabbrica che un nuovo vigneto: i vigneti ci stanno avvelenando:
  2. con i tempi che corrono e le conseguenti difficoltà economiche dei comuni   come non approfittare di 45.000 euro di oneri versati dalla ditta?

Prima di entrare nel merito e discernere su queste scemenze mettiamo qualche punto fermo tanto per chiarire il contesto:

  1.  il PTCP (Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale) della provincia di Treviso  approvato con Delibera di Giunta Regionale n. 1137 del 23 marzo 2010, pubblicata sul B.U.R. del giorno 11 maggio 2010, ed entrato in vigore il giorno 26 maggio 2010, prevede, entro il 2020, un surplus di aree industriali di oltre 20.000.000 di metri quadrati. Tradotto significa che nel 2020 avremo nella nostra provincia capannoni inutilizzati per venti milioni di metri quadrati di superficie, con una perdita “per sempre”  di 2.000 ettari di suolo agricolo.
  2. esiste una legge regionale del 2012, presidente Zaia, che in deroga alla legge
    urbanistica regionale permette ad una azienda di richiedere un ampliamento per il
    massimo di 1.500 mq in area impropria, cioè permette di cementificare ulteriore suolo agricolo, alla faccia dell’ormai dimenticato ma tanto cavalcato slogan della Lega Nord “basta capannoni”.
  3. il permesso a costruire non è automatico ma deve essere approvato dal consiglio
    comunale;
  4. la ditta Corazza, acquisiti i terreni, ha presentato regolare richiesta;
  5. a distanza di circa 200 metri (duecento metri) in linea d’area esiste, in comune di Codognè un’area industriale (cosiddetta Pianca) di oltre 100.000 metri quadrati pressoché vuota e già urbanizzata;
  6. in consiglio comunale il Consigliere Bressan ha sostenuto che da conteggi fatti da tecnici a lui vicini il corrispettivo che la ditta Corazza avrebbe dovuto versare al comune doveva essere di 90.000 e non 45.000 euro;
  7. il Sindaco, fratello e zio delle titolari, si è assentato e non ha partecipato ne alla discussione ne al voto.

Veniamo alle considerazioni.

Prima considerazione:
oggi meglio un ampliamento di una fabbrica che un nuovo vigneto: i vigneti ci stanno avvelenando.

Si è vero. I vigneti ci stanno avvelenando.
Abbiamo assistito inermi in questi anni ad una nuova indiscriminata “industrializzazione” delle nostre campagne. Con un appetito famelico “tutti” si sono avventati sull’affare prosecco.
Le nostre campagne sono diventate delle industrie chimiche a cielo aperto. Vengono sparsi nell’aria e nel suolo, ogni anno, centinaia di tonnellate di pesticidi, di cui molti potenziali cancerogeni.
Questo uso massiccio di pesticidi avviene molto spesso senza nessun controllo perché quando c’è da salvare il raccolto nessuno bada a “spese”, aumentando dosi e numero trattamenti.
E noi poi respiriamo, beviamo e mangiamo tutto questo.
Quindi non c’è dubbio che siamo di fronte ad un gravissimo problema.
Ma i sostenitori della considerazione che stiamo trattando dimenticano due cose:

  1. poiché i costi sociali dell’avvelenamento in atto, tra un po’ non saranno più sostenibili, sarà obbligatoria con l’andar del tempo una agricoltura diversa, un’agricoltura non per la morte, una agricoltura per la vita, una agricoltura altra, un’agricoltura biologica e quindi se i vigneti oggi ci avvelenano, domani non lo faranno probabilmente più e comunque finita la “bolla” ( tutte le bolle prima o dopo scoppiano) della coltivazione della vite, questi terreni potranno essere coltivati con altre colture ed in modo biologico.
  2. la cementificazione di un terreno e la conseguente perdita di suolo è invece irreversibile.
    Bisognerebbe sapere e capire che noi dipendiamo, la nostra vita dipende, da un sottile strato di terra, 70 cm., e dal fatto che su questo strato di terra piove.
    Bisognerebbe sapere e capire che il peggior modo per utilizzare il suolo è la cementificazione che significa eliminare su quella superficie ogni cosa vivente per sempre.
    Bisognerebbe sapere e capire che il suolo non è una risorsa infinita, e che non essendo rinnovabile è la risorsa più finita e preziosa che abbiamo.
    Bisognerebbe sapere e capire che la natura ci mette ben 500 anni per formare 2,5 cm di suolo vivo e che quindi la sua formazione è fuori dalla scala biologica umana.
    Bisognerebbe sapere e capire che non ci sarà mai nessuna tecnologia in grado di sostituire la più grande tecnologia esistente che è il suolo.
    Dobbiamo quindi convincerci che il suolo è una risorsa preziosissima e come tale andrebbe tutelata ad ogni costo e a qualsiasi prezzo, cosa che non avviene come è dimostrato sia dalla legge regionale targata Zaia, citata precedentemente, sia dai comportamenti della nostra amministrazione e anche dalla miopia dei nostri imprenditori che guardano sempre al loro immediato profitto e non al bene comune.Nel caso in questione la ditta Corazza poteva tranquillamente soddisfare le sue sacrosante esigenze di “crescita” edificando nella zona industriale limitrofa in comune di Codognè , dove il suolo è gia stato compromesso dall’urbanizzazione dell’area, mantenendo così “vivi” i 3.000 mq. invece di cementificarli.Corazza_RoverbassoMa si sa questa miopia ….

Seconda considerazione:
con i tempi che corrono e le conseguenti difficoltà economiche dei comuni   come non approfittare di 45.000 euro di oneri versati dalla ditta?

Questa giustificazione è fuorviante perché il comune di Gaiarine si trova con un avanzo di amministrazione di quasi 500.000.000 euro (mezzo milione) e quindi non vi era nessuna necessità di introitare questa modesta cifra e permettere la cementificazione di altri 3.000 mq. del suolo comunale.
Si sono scritti libri e libri sul fatto che l’applicazione degli oneri di urbanizzazione siano gli “assassini”del territorio, in quanto i comuni per “fare cassa” non badano a nulla e concedono licenze edilizie a destra e a manca.
La giustificazione delle amministrazioni comunali è sempre la medesima: incassiamo soldi e così possiamo mantenere i servizi ai cittadini.
Ma poi c’è mai qualcuno che si chiede e verifica  come verranno spesi questi soldi, tanto necessari?
Magari con una nuova palestra, con un rifacimento inutile di una piazza, tanto per ricordare i macro sperperi fatti dalla precedente amministrazione di cui questa è la “continuità? Oppure servono a sostenere una spesa corrente fuori controllo?

Ma è proprio con questa logica dell’introito immediato, per poi magari sperperarlo, che la Lombardia e il Veneto sono le due regioni più cementificate d’Italia, per poi magari ritrovarsi con “cattedrali nel deserto” per 20 milioni di mq., come succederà nella provincia di Treviso.

Infine c’è da chiedersi quale scala viene usata per determinare la contropartita economica alla cementificazione del suolo? Una scala biologica? Una scala temporale? O semplicemente quella dell’ interesse immediato di qualcuno?

Qualcuno seriamente sarebbe in grado di dare una risposta sensata alla domanda : quanto vale un grammo di suolo che contiene circa 10 milioni di batteri e che se nelle vicinanze vi sono delle radici di qualche pianta ne può contenerne persino 100-200 miliardi?

Prendendo spunto dalla frase di Franklin D. Roosevelt, 32° presidente degli Stati Uniti “La storia di ogni nazione è in fin dei conti, quella del modo in cui essa si prende cura del proprio suolo”.

potremmo dire che ” La storia di ogni comune è in fin dei conti, quella del modo in cui esso si prende cura del proprio suolo”.

Per il comune di Gaiarine sarà sicuramente una infima storia, se questi “non amministratori” continueranno a sperperare QUEL BENE COMUNE  che é IL SUOLO, sull’altare della loro incapacità di fare il “VERO BENE DELLA COMUNITA'”

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