La scuola va a rotoli

I continui tagli ai fondi delle scuole, fanno sì che ai nostri figli venga progressivamente sottratto il diritto ad una scuola non solo di qualità, ma persino che garantisca la sicurezza.
Gli ultimi tagli hanno provocato:

- giornate di lezione perse per mancanza di personale interno a disposizione e per mancanza di fondi per nominare supplenti
- classi troppo numerose a dispetto della qualità della didattica e in violazione delle norme sulla sicurezza

- scomparsa delle compresenze con conseguente impossibilità di gestire recuperi e approfondimenti
- insegnanti di sostegno negati

- difficoltà a gestire tempo mensa e gite scolastiche

- progetti cancellati

- gessi, libri, carta, detersivi e carta igienica centellinati o mancanti

- ore di pulizia tagliate

Il neonato “Coordinamento Nazionale Comitati e Genitori della Scuola”
promuove una “campagna nazionale di sensibilizzazione e protesta, civica e apartitica, e che coinvolga i genitori in quanto tali”, eleggendo a simbolo dell’iniziativa “un semplice rotolo di carta igienica”.
Dopo un’analisi dello stato deficitario in cui versano i bilanci delle scuole, il Comitato chiede a “ogni coordinamento, comitato, gruppo, presidente o membro di Consiglio di Istituto/Circolo o di Comitato Genitori e singolo genitore” di organizzare una raccolta di rotoli di carta igienica “magari con un banchetto davanti alla scuola”, con annessa raccolta di firme.
E poi di preparare un grande pacco coi rotoli e le firme e di spedirlo al MIUR (Ministero della Pubblica Istruzione), documentando il tutto anche con foto e filmati.
Rot
oli che saranno depositati davanti agli Uffici Scolastici Provinciali o alle Prefetture.
La manifestazione a Pordenone è organizzata per venerdì 12 marzo alle ore 13.30-14.00 davanti al Provveditorato Provinciale agli Studi di Pordenone (via Concordia Sagittaria n. 1, vicino alla Fiera Vecchia)
.
È una dimostrazione pacifica, per sottolineare che siamo arrivati a toccare il fondo.

È importante esserci sotto nessuna sigla sindacale e nessun simbolo di partito ma come cittadini che vogliono mantenere la scuola pubblica: un diritto per tutti e di tutti!
il Comitato Genitori di Pordenone

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4 pensieri su “La scuola va a rotoli

  1. Sentiamo ogni giorno i politici dire…non ci sono soldi, il Paese è allo sfascio, povera scuola, aumentiamo i salari dei lavoratori….io vorrei dire a questi, siano di destra, centro, sinistra,…PERCHE’ NON TAGLIATE DEL 50% I VOSTRI STIPENDI E I VOSTRI PRIVILEGI ???? SAREMMO IL PAESE PIU’ RICCO DEL MONDO !!!

  2. Sono solo un genitore.
    “L’attimo fuggente” è uno dei film che mi hanno in qualche modo “segnato”.
    Ancora adesso, quando mi capita di partecipare ad un incontro con giovani, mi capita di salire su una sedia e salutarli con “o capitano, mio capitano….”.
    Condivido al 100% sul fatto che la passione per il sapere e l’amore per i ragazzi/giovani siano la discriminante per chi fa l’insegnante o l’educatore in genere.
    La prima cosa che ho detto alle maestre quando il mio primogenito ha cominciato la materna è stata “il vostro non è un mestiere, è una missione….”.
    Più volte mi sono espresso negli organi collegiali sui concetti di cui sopra.
    La mia esperienza di genitore di questi ultimi 10 anni circa conferma quanto dice l’insegnante: non sono tutti uguali….(gli insegnanti, ma neanche noi genitori….).
    Volevo solo aggiungere alla bellissima riflessione del post precedente una mia ulteriore sensazione: che non pochi insegnanti che dimostrano coi fatti questa passione e questo amore per gli allievi non percepiscano la dimensione “profetica” del loro essere e del loro agire, finendo a volte per sminuirne involontariamente l’importanza.
    E ripiegando a volte su posizioni che in qualche modo tradiscono almeno in parte i principi da cui, sono sicuro, muovono.
    Ho fatto personale esperienza nel mondo della scuola di come l’espressione “funzione educativa” faccia spesso storcere il naso ad insegnanti di vario ordine, venendo preferita e sostituita dall’espressione “funzione formativa” o “istruttiva” (che sono necessarie ma non dovrebbero farci dimenticare la prima, specie nella scuola dell’obbligo); a mio parere si tratta di un segnale inconscio ma sufficentemente chiaro di un modo di sentire il proprio ruolo all’interno della scuola.
    Spero sia solo una mia sensazione sbagliata.

  3. Sono un’insegnante: e seduta dietro una lunga tavola con parvenza di cattedra, guardo la platea attenta e ascolto la relatrice presentare i vari punti della sua presentazione.
    Un pensiero e una consapevolezza su ciò che tutto questo rappresenta per noi e per la nostra società. Sono ragazzi diciottenni che ascoltano la loro prof.
    Ha ancora un significato?
    Siamo ancora una società che si pone degli obiettivi riguardo alla scuola? Cosa può offrire la scuola oggi?
    Per un insegnante ha un senso programmare, ideare, preparare progetti pensati per i propri alunni?
    E gli alunni cosa si aspettano da questa scuola?
    Ascoltando i loro interventi, penso che come sempre la differenza la fanno le persone. Le istituzioni sono strutture, organismi, ci sono vertici, poteri, ambizioni, ma ciò che sempre conta sono le persone. E ci sono prof e Prof.
    La scuola è spesso chiamata in causa, in una società in cui tutti tendono a demandare ad altri le proprie responsabilità.
    La famiglia, quindi, che vive un momento di grande insicurezza e confusione, trasferisce le proprie responsabilità alla scuola e pretende che essa svolga un ruolo di educatore globale, declinando con grazia, ma non tanta poi, i propri impegni primari e chiedendo alla scuola di essere responsabile in toto dei loro figli.
    La scuola, che era già sofferente in tanti settori, si trova rivestita di un ruolo non suo e non sembra accettare con grazia.
    D’altronde, come darle torto?
    In questa giungla di conflitti e di pretese si muovono i professori. In che modo lo fanno?
    Possono supplire alle mancanza dei genitori? Cioè, essere anche supplenti di loro stessi, in quanto genitori e professori nello stesso tempo.
    Stiamo chiedendo troppo?
    Forse sì. La famiglia dovrebbe recuperare se stessa prima che sia troppo tardi. Questa mi sembra la cosa più urgente, ma non in questa sede. Qui vorrei proseguire il discorso sulla scuola e sui suoi professori.
    E cosa fa di un professore un buon professore?
    Cosa deve passare da lui ai suoi alunni per far sì che loro amino ciò che studiano?
    E, soprattutto, cosa dovrebbe dare un bravo insegnante ai suoi alunni?
    Nella mente ho una scena: Robin Williams nell’interpretazione del professore John Keating, nel film L’attimo fuggente. Chi non vorrebbe un simile professore? Chi non ha mai desiderato di vivere quei momenti di condivisione e discussione?
    Cos’ha di diverso il professor Keating? Cos’ha in più, rispetto ai suoi colleghi?
    E’ bravo. Conosce la sua materia. Certo, ma quanti professori sono competenti nella loro materia? E’ spesso ciò che conoscono meglio.
    Allora, cosa rende Keating così unico e trascinante? Cosa fa di lui una persona per cui i suoi allievi sono pronti a scendere in campo e rischiare qualcosa?
    Qual è la differenza?
    Credo che la differenza, quel punto in cui le linee comuni tra le persone, si scostano e percorrono strade inusuali, meno frequentate, sia saper trasmettere a chi ci ascolta, non il nostro sapere – sempre supposto che ci sia – ma le armi necessarie per costruirsene uno proprio.
    Non dobbiamo dare le nozioni, ma il modo con cui recuperarle. Non certezze in cui credere a occhi chiusi, ma incertezze su cui discutere. Non dire: amate le poesie! ( o i libri), ma mostrare il modo in cui noi stessi le amiamo, far toccare a loro cosa significa guardare, scrutare, capire e decidere.
    Ma soprattutto, il professor Keating trasmetteva loro l’amore per ciò che diceva, la passione per capire le cose e per studiarle, per metterle in pratica: ” Non leggiamo e scriviamo poesie perché è divertente. Leggiamo e scriviamo poesie perché apparteniamo alla razza umana. E la razza umana è piena di passione. La medicina, il diritto, l’economia e l’ingegneria sono nobili occupazioni, necessarie alla sopravvivenza. Ma la poesia, la bellezza, il romanticismo, l’amore, queste sono le cose per cui vale davvero la pena vivere.”
    Passione: è questa la differenza.

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